Erwin Schulhoff è uno di quei compositori della cosiddetta Entartete Musik (“musica degenerata”), la musica proibita dal Nazifascismo. Il suo stile eclettico si nutre degli stilemi provenienti dal jazz, dal blues e dai linguaggi delle avanguardie dei primi decenni del ‘900.
Cecoslovacco di origine ebraica, allievo di Dvořák, Schulhoff decise di diventare comunista nel 1939. Nel 1941 fu deportato nel campo di concentramento di Wülzburg, dove morì di tisi l’anno successivo.
Schulhoff provocatore
In un catalogo vasto quanto bizzarro, troviamo, accanto a quartetti, sinfonie e sonate, anche alcune bizzarrie tra cui un pezzo per controfagotto solo Bassnacthigall “Il basso Usignolo”(!), il pezzo Im futurum, contenuto in Fünf Pittoresken op.31, una pagina intera fatta di pause e notine antropomorfi (per i curiosi qui il link al minuto 08). Per non dire della Sonata Erotica.
La Sonata Erotica
Pezzo provocatorio e “dadaista”, Sonata Erotica (qui il link), composto da Schulhoff nel 1919 è, a quanto mi risulta, la prima composizione per voce femminile sola mai scritta. Siamo infatti diversi decenni prima quindi delle performances di Cathy Berberian e della Sequenza III di Luciano Berio. Nel brano, la cui dettagliata partitura porta l’indicazione “riservato al solo pubblico maschile”, una donna simula un orgasmo, con inflessioni della voce indicate dal compositore, e al termine dell’evocato amplesso, orina e si deterge le parti intime.
Il tutto viene articolato in una sorta di forma-sonata, con tanto di idea principale, un punto culminante di massima densità sonora, distensione e coda. Una provocazione senz’altro, ma non fine a se stessa, che va letta solo se considerata all’interno di un’esperienza creativa singolare e sfaccettata.
Schulhoff genio del ‘900
Erwin Schulhoff è a mio avviso il vero testimone del ‘900: il suo catalogo sintetizza alcune delle tendenze linguistiche più affascinanti del secolo; la sua vita è segnata dal fervore e dalla passione per l’utopia comunista; la sua morte è testimonianza degli orrori dell’Olocausto; il suo oblio post mortem è frutto delle ideologie culturali del Secondo ‘900 che hanno considerato marginali anche figure come Britten e Poulenc. Credo che il nostro mondo culturale, spesso cristallizzato in celebrazioni di anniversari e ricorrenze, possa permettersi scelte artistiche più coraggiose e possa ricordarsi di Erwin Schulhoff non solo perché ebreo e vittima della Shoah, ma anche perché protagonista di tempi che, nel bene e nel male, possono esserci più vicini di quel che si possa immaginare.
Buon divertimento con questa singolare e audace “performance”.