Liszt, il cosmopolita “senza patria”, ha sintetizzato le diverse anime dell’Europa del suo tempo, raccontandone la storia. La sua ricerca musicale, specialmente quella relativa agli ultimi quarant’anni della sua vita, è una sorta di “viaggio nel futuro”.
Quasi profetico, Liszt “il veggente” spalanca le porta ad un nuovo rapporto con il suono e con il tempo. La svolta stilistica viaggia di pari passo con la presa di coscienza della sua vocazione religiosa. Riposti nel guardaroba gli abiti del fascinoso virtuoso del pianoforte, a partire dagli anni Sessanta, Liszt prosciuga ed essenzializza il suo linguaggio spingendo al di là di ogni limite allora conosciuto le sue ricerche timbriche, armoniche, formali.
La Via Crucis
A lungo meditato e a più riprese accantonato, sin dal 1860 Liszt elabora il progetto di una composizione sulla Via Crucis. Iniziati gli abbozzi nel 1866, il lavoro si concluderà una decina d’anni più tardi e verrà pubblicato con il titolo “Via Crucis – Die 14 Stationen des Kreuzweges” (Le 14 stazioni della Croce) per pianoforte o organo e coro. Esiste anche una versione per pianoforte a 4 mani e alcuni estratti per pianoforte solo eseguibili senza voci.
Composizione singolare nella sua struttura, la Via Crucis è un lavoro che racchiude più stili e più lingue e che non ha esempi analoghi in tutta la letteratura musicale dell’Ottocento. Si compone di quattordici stazioni, brevi “scene” musicali a sè stanti ma unite tra di loro da una logica simbolico-motivica. I testi sono quelli della tradizione cattolica, quindi in latino, ma con alternanza di corali luterani in tedesco. Gli stili musicali sono quindi diversi, da quello monodico gregoriano, al linguaggio sia tonale che atonale, a quello modale
Lo schema e i motivi
Tre sono i motivi ricorrenti
1 – l’Inno gregoriano alla Croce Vexilla Regis prodeunt scritto da Venanzio Fortunato (530-607)
2 – la sequenza gregoriana Stabat Mater da Jacopone da Todi
3 – tema della Madre, una sorta di motivo costituito da un accordo di quinta eccedente spezzato sulle note re – sol bem- si bem –
L’analisi della Via Crucis
INTRODUZIONE
La Via Crucis si apre con una sorta di preambolo sull’Inno Vexilla Regis prodeunt. In una prima sezione l’Inno viene proposto dal coro all’unisono e accompagnato dal pianoforte seguendo le logiche dell’armonia modale; nella seconda sezione invece lo stesso motivo viene riproposto in contrappunto e il linguaggio modale viene “sporcato” da alcuni passaggi tonaleggianti.
STAZIONE I
Il pianoforte, da solo, propone una martellante figurazione ritmica dal sapore bartokiano, ruvida, dissonante. Il contesto atonale e timbricamente percussivo lascia il posto ad un solo del basso: Gesù è condannato a morte.
STAZIONE II
Ancora il solo pianoforte traccia un cupo affresco timbrico su armonie atonali, con una prevalenza di accordi di quinta eccedente. L’invocazione della voce dal coro che invoca “Ave, Crux!”, isolata, viene seguita da un nuovo intermezzo pianistico sul motivo del “Dies irae”.
STAZIONI III, VII e IX
Le tre cadute di Cristo dalla Croce hanno la stessa struttura: in una prima parte le voci maschili del coro su accordi molto dissonanti e percussivi del pianoforte annunciano la Caduta di Cristo, nella seconda il motivo dello Stabat Mater viene intonato a due voci femminili senza pianoforte.
Nelle tre stazioni lo schema si ripete identico, ma la prima parte viene riproposta variando qualche nota e rendendo l’armonia sempre più dissonante, la seconda invece vede il motivo dello Stabat riproposto ogni volta abbassato di un semitono e anche qui variando, “sporcando” il tema con cromatismi. Il pianto della madre, nelle tre stazioni assume musicalmente un colore sempre più allucinato.
STAZIONI IV e V
Solo pianoforte.
Liszt affida la narrazione al puro timbro. Nell’incontro di Gesù con la madre (stazione IV) e nell’intervento pietoso del cireneo (stazione V), il suono trascolorato, lacerante della scrittura pianistica si costruisce sul motivo di quinta eccedente della madre e ad una serie di armonie senza alcun nesso tonale. La struttura ritmica perennemente sospesa è fatta di pause e spostamenti di accenti.
STAZIONE VI – Santa Veronica
Una sorta di preludio pianistico, a voce sola, quasi un monologo, si giustappone al coro misto che intona il celebre corale luterano “O Haupt voll Blut”, già usato da Bach nella Matthäus Passion.
STAZIONE VIII – Le donne di Gerusalemme
Dolente solo del pianoforte su dissonanti armonie cromatiche si infittiscono gradualmente sino ad un brusco fortissimo. Segue un recitativo del basso sul testo “Nolite flere super me” (Non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli)
STAZIONE X
Solo pianoforte. Densissima e pesante la “raffigurazione” musicale del martirio di Cristo. Ancora un altro Liszt, sul confine tra armonia tonale e atonale qui spinta verso tinte espressioniste bruscamente concluse con una scala pentafonica non armonizzata.
STAZIONE XI
Violentissime le esclamazioni del coro maschile sulla parola “Crucifige!” nel quale pianoforte contrappone una sillabata scrittura di accordi dissonanti. Il clamore si tace bruscamente con una linea melodica affidata al solo pianoforte dagli echi weberniani.
STAZIONE XII – “Gesù muore sulla Croce”
Forse la stazione più complessa dal punto di vista formale.
Il baritono solo, dal coro, intona senza scasione metrica il testo tramandato dai Vangeli “Eli lemà Sabactàni”. La desolazione è affidata a lunghissime pause cui segue un solo del pianoforte su armonie di terze maggiori sovrapposte ma senza alcun nesso tonale. Interessante è notare l’uso dell’accordo di quinta eccedente in Liszt.
Già alla base del tema Faust nella “Faust-Symphonie”, l’accordo di quinta eccedente qui appare come simbolo del dolore senza soluzione, dal colore indefinito, dissonante ma basato su due intervalli consonanti sovrapposti, può avere tutte le risoluzioni e nessuna risoluzione. L’alternanza tra le parole a voce sola del testo evangelico e il commento dal pianoforte, lascia il posto alle voci femminili che intonano il “Consummatum est”.
Chiude la Stazione un corale protestante a quattro voci miste, “O Traurigkeit”, che a differenza del precedente nella Stazione VI presenta un’armonizzazione più libera, sottolineando con accordi dissonanti il clima di lutto e sconforto.
STAZIONE XIII
La deposizione di Cristo è un brano strumentale senza voci. Si tratta di una sorta di riassunto emotivo dell’intero lavoro, il racconto della Passione di Cristo sottoforma di visione onirica. Vi si ritrovano il motivo dello Stabat Mater, quello della Veronica e il tema della Madre, sempre più disarmato e impotente.
STAZIONE XIV
Si apre con un’introduzione pianistica sul motivo iniziale del Vexilla Regis. Questo viene poi sottoposto a elaborazione con l’intervento alternato di una voce femminile e del Coro. Il motivo del Vexilla è qui armonizzato seguendo una logica armonica mista tra tonalità e modalità.
La voce sola quindi intona un “Amen” cui risponde salmodicamente il coro. Preceduto da un intervento del pianoforte a voce sola, il postludio che segue è forse la chiave dell’intero lavoro. Una decina di battute, poco più, per coro e pianoforte, sul motivo della Madre.
La tonalità di re maggiore è inaspettatamente dichiarata. Il Motivo della madre non vaga più nel dolore irrisolto della quinta eccedente, ma trova il suo abbraccio eterno dell’Oltre. Dura pochissimo. Dieci misure, pochissimi secondi, per ricordarci che la vita non finisce, che la cessazione della vita può essere un’altra vita, o altre vite possibili e che non vale la pena di chiederselo, perchè sottrarremmo tempo prezioso a ciò in cui dovremmo credere incessantemente: l’Amore.