Erwin Schulhoff è uno di quei compositori della cosiddetta “Entartete Musik” ( “musica degenerata”), la musica proibita dal Nazifascismo. Geniale pianista e compositore, il suo stile eclettico si nutre degli stilemi provenienti dal jazz, dal blues e dai linguaggi delle avanguardie dei primi decenni del ‘900, protagonista del suo tempo, non meno di Schoenberg, Hindemith e Weill, e di quei compositori definiti “degenerati” per il loro linguaggio, per idee politiche o perché ebrei. Cecoslovacco di origine ebraica, Schulhoff decise di diventare comunista nel 1939, e nel 1941 fu deportato nel campo di concentramento di Wülzburg, dove morì di tisi l’anno successivo.
Di lui ci si ricorda prevalentemente il 27 gennaio, nei tanti concerti programmati per il Giorno della Memoria, ma non ci si ricorda abbastanza nelle ordinarie programmazioni di concerti. Così da una censura si è passati al “ghetto” di una memoria che rischia di essere pretestuosa.
Di Schulhoff però si è occupato più volte il Teatro Due di Parma, e lo fa anche in questi giorni, in occasione dello spettacolo Girotondo Kabarett di A.Schnitzler, in scena dal 22 al 29 marzo. Dieci personaggi di ceti sociali diversi si incontrano, coppia dopo coppia, dando vita a un gioco di seduzione, un girotondo inquietante e grottesco, specchio di una oziosa e ipocrita società fin de siècle. Il pubblico gioca un ruolo fondamentale facendo parte della scena, avendo la possibilità di entrare ed uscire durante lo spettacolo e di consumare un pasto, preferibilmente in abito scuro.
Nella preziosa regia di Walter Le Moli, che di Schulhoff è un estimatore (come il sottoscritto), la musica è protagonista, data la presenza in scena di un complesso cameristico, e di scelte musicali funzionali alla drammaturgia. Ma la vera chicca di questo spettacolo è la prima italiana della Sonata Erotica che sarà eseguita (cantata e in un certo senso recitata) dal soprano Lisa La Pietra. Pezzo provocatorio e “dadaista”, Sonata Erotica, composta da Schulhoff nel 1919 è, a quanto mi risulta, la prima composizione per voce femminile sola mai scritta, diversi decenni prima quindi delle performances di Cathy Berberian e della Sequenza III di Luciano Berio. Nel brano, la cui dettagliata partitura porta l’indicazione “riservato al solo pubblico maschile”, una donna simula un orgasmo, con inflessioni della voce indicate dal compositore, e al termine dell’evocato amplesso, orina e si deterge le parti intime. Il tutto viene articolato in una sorta di forma Sonata, con un punto culminante di massima densità sonora, distensione e coda. Una provocazione senz’altro, ma non fine a se stessa, che va letta solo se considerata all’interno di un’esperienza creativa singolare e sfaccettata.
Erwin Schulhoff è a mio avviso il vero testimone del ‘900: il suo catalogo sintetizza alcune delle tendenze linguistiche più affascinanti del secolo; la sua vita è segnata dal fervore e dalla passione per l’utopia comunista; la sua morte è testimonianza degli orrori dell’Olocausto; il suo oblio post mortem è frutto delle ideologie culturali del Secondo ‘900 che hanno considerato marginali anche figure come Britten e Poulenc. Credo che il nostro mondo culturale, spesso cristallizzato in celebrazioni di anniversari e ricorrenze, possa permettersi scelte artistiche più coraggiose e possa ricordarsi di Erwin Schulhoff non solo perché ebreo e vittima della Shoah, ma anche perché protagonista di tempi che, nel bene e nel male, possono esserci più vicini di quel che si possa immaginare.