È il protagonista dell’estate di balletto italiana Adamzhan Bakhtyar, fuoriclasse kazako sempre più noto in Europa. Nelle ultime stagioni lo abbiamo scoperto e apprezzato nei Gala “Roberto Bolle and Friends” e “Les Étoiles” di Daniele Cipriani, dove ha sfoggiato tecnica esplosiva e temperamento scenico.
Interprete ideale del repertorio classico di demi-caractère e dei titoli drammatici del Novecento, Bakhtyar dà il meglio di sé come protagonista di Spartacus, il capolavoro di Jurij Grigorovič che il Balletto dell’Opera di Astana – la compagnia dove è Primo ballerino – ha presentato con successo al Teatro dell’Opera di Roma. Occasione per conoscerlo e per scoprire un artista sensibile e curioso.
Adamzhan, come ha scoperto il balletto in Kazakistan?
È un’arte popolare da noi, per l’eredità del balletto russo-sovietico. Io ero un bambino molto atletico e sportivo, ho praticato anche la lotta. La mia non è una famiglia di artisti: mia madre è insegnante e mio padre vigile del fuoco, ma i miei genitori, da appassionati, mi hanno indirizzato allo studio del balletto.
Cosa ricorda dei suoi anni da allievo?
Ho frequentato la Scuola Coreografica di Almaty intitolata a Seleznev. Una scuola di vita, come tutte le accademie di balletto, dove ho dovuto impare sin da bambino a gestirmi completamente da solo. Quanto allo studio del balletto, inizialmente per senso del dovere facevo solo quello che mi dicevano gli insegnanti, ma piano piano la passione è cresciuta spontanea in me. E oggi mi dico che i miei genitori non hanno sbagliato se mi trovo qui a ballare sul palcoscenico del Teatro dell’Opera di Roma.
Da virtuoso qual è, nella sua biografia ci sono medaglie e grand prix a un’infinità di concorsi internazionali. Cosa le hanno portato?
Sono stati un trampolino per affacciarmi al balletto internazionale, mi hanno portato molti inviti in tutto il mondo. Anche gli amanti del balletto mi hanno conosciuto e la notorietà è arrivata. Così adesso, anche grazie a questi premi, il mio calendario è pieno fino al settembre 2020.
Come è entrato al Balletto dell’Opera di Astana e come vi si è affermato?
Dopo il diploma ho lavorato per due anni, poi quando nel 2013 è stata fondata l’Opera di Astana ho pensato che sarebbe stato bello crescere insieme a quel teatro. La nostra compagnia di balletto, diretta da Altynai Asylmuratova, è composta da circa 150 ballerini, è giovane, ha grande entusiasmo ed è generosamente supportata dal governo. Io ho iniziato nel corpo di ballo facendo la mia bella gavetta: ho cercato di dare sempre il meglio di me, impegnandomi il triplo o anche il quadruplo degli altri per farmi notare. Così hanno iniziato ad affidarmi ruoli da solita, fino alla nomina a Primo ballerino nel 2015. Lo scorso anno è arrivato un riconoscimento governativo molto significativo per me: “Lavoratore onorato del Kazakistan”.
Qual è il suo repertorio?
Praticamente ho in repertorio tutti gli spettacoli della compagnia. Dai classici di Petipa nelle revisioni di Asylmuratova, a balletti sovietici, a titoli moderni quali Romeo e Giulietta di Jude, Manon di MacMillan, Notre-Dame de Paris e Le Jeune homme et la mort di Petit. Vorrei dire che a me interessa ballare assolutamente tutto, dal classico al contemporaneo, ma solo se ritengo che il personaggio o il ruolo siano interessanti, che possano trasmettere un senso allo spettatore: nelle coreografie odierne purtroppo noto che non sempre è così.
I balletti di Roland Petit sono stati una svolta?
La conoscenza di un maestro come Roland Petit è un grande insegnamento per un artista. Fondamentale per me è stato l’incontro con Luigi Bonino, maestro e persona eccezionale, che riallestisce i balletti di Petit proprio come farebbe lui. Se nel repertorio classico abbiamo delle restrizioni, nei balletti di Petit più che in altri ho la possibilità di dare me stesso al mio personaggio, di crearlo come è meglio per me: una grande opportunità. Dall’incontro con Bonino è nato anche l’invito a interpretare Quasimodo in Notre-Dame de Paris al Teatro dell’Opera di Roma la prossima stagione.
E che connatozione invece vuole dare al suo Spartacus?
Il mio Spartacus è prima di tutto una persona. Negli ultimi anni ho visto interpreti solo guerrieri, tutti con la stessa faccia. Per me non dev’essere così: io sviluppo il personaggio mentre danzo, il mio Spartacus è un guerriero, un disperato, uno schiavo, un compagno e un amante: voglio rendere la sua complessità.
Come ricorda l’incontro con Jurij Grigorovič per Spartacus?
Inizialmente ho lavorato con il suo assistente, Ruslan Pronin, che da noi ha messo in scena il balletto. Jurij Nicolaevič venne l’ultima settimana prima del debutto per dare le ultime correzioni e i suoi suggerimenti per le sfumature e i particolari. In quei giorni ci diede tanto, il massimo possibile. Ricordo ancora le sue parole dopo la prima, il 6 giugno 2014: «Bravo! Sei uno dei migliori Spartacus che abbia avuto!». E poi mi fece una carezza sulla guancia.
Tanti appuntamenti la attendono prossimamente in Italia.
Sì, e ne sono contento perché amo molto l’Italia, la sua atmosfera, la sua cultura. Parteciperò a vari eventi che spero faranno felici i miei fans italiani: dai social networks mi sono accorto di averne già tanti. Grazie a tutti voi!
Adamzhan Bakhtyar in Italia:
– 9, 10, 11 luglio 2019, Roma, Terme di Caracalla, Gala “Roberto Bolle and Friends”: Pas de deux Le Fiamme di Parigi e Il Corsaro con Tatiana Melnik.
– 16 luglio 2019, Ravenna, Ravenna Festival, Pas de deux Diana e Atteone e Don Chisciotte con Tatiana Melnik.
– Settembre 2020, Roma, Teatro dell’Opera: Notre-Dame de Paris.