In questa rubrica spesso dedichiamo spazio ai ballerini italiani che hanno scelto l’estero per la loro carriera. Tanti ormai, troppi considerando l’impoverimento che la loro fuga causa al nostro balletto. Non ci resta che conoscerli e seguirli da lontano, sperando che siano almeno più frequenti le occasioni per ammirarli nel nostro paese, invitati da guests per spettacoli o gala.
Con questa intervista facciamo la conoscenza di Camilla Mazzi, ventunenne ballerina che molto presto ha lasciato la sua città, Torino, per la meta tersicorea più ambiziosa: la Russia. L’abbiamo incontrata qualche tempo fa in Germania, a Baden-Baden, dove il Balletto Mariinskij di cui oggi fa parte è in tour ogni anno a Natale. Sul palcoscenico del Teatro Festspiehaus la ballerina italiana si è distinta in ruoli solistici quali la Gatta nella Bella addormentata e la Bambola nello Schiaccianoci. Giovane donna dalla grazia delicata, temperamento riflessivo ma simpatia empatica, Camilla è riuscita a sedersi con me davanti a un tè, in una rara pausa tra giornate fitte di prove e spettacoli, per raccontarmi la sua storia. Molto interessante per tutti quegli allievi ballerini che vogliano frequentare le migliori scuole e ambiscano a una carriera internazionale.
Da Torino a Mosca
Camilla, quando hai iniziato a studiare danza?
Ho iniziato intorno ai 10 anni, in una scuola amatoriale della mia città. Poi ho avuto la fortuna di studiare con Oxana Kichenko, già ballerina del Balletto Bol’šoj di Mosca. Un’insegnante severa, ma bravissima, che mi ha preparata per tre anni allo scopo di presentarmi all’audizione dell’Accademia del Bol’šoj. Dopo un’audizione e un periodo di prova lungo un mese sono stata accettata, non nella classe degli stranieri, ma in quella dei russi. Sì, perché ogni anno vengono avviate tre classi: due di russi e una di stranieri.
Anni impegnativi, lo sappiamo…
Molto, i primi cinque mesi particolarmente, anche per la lingua. L’estate prima della partenza avevo studiato un po’ il russo: conoscevo l’alfabeto e sapevo dire come mi chiamo. Arrivata mi hanno sottoposta a un corso intensivo di lingua russa: senza sostenere tutti i loro esami scolastici non avrei ricevuto il diploma all’Accademia. Purtroppo ho dovuto rinunciare al diploma italiano di liceo classico, di cui avevo sempre seguito le lezioni via Skype e sostenuto gli esami da privatista ogni anno, perché nello stesso periodo dovevo dare la maturità russa. Ora sto cercando di ottenere anche il diploma liceale italiano, perché vorrei iscrivermi all’università.
E lo studio della danza?
Oxana mi aveva preparata molto bene, senza il suo insegnamento non sarei mai entrata all’Accademia. Facendo parte della classe dei russi in tre anni di studio ho avuto più opportunità, per esempio danzare al Bol’šoj negli spettacoli di fine anno, ogni volta con una variazione da solista.
Da Mosca a San Pietroburgo
Poi però hai scelto il Mariinskij di San Pietroburgo: come mai?
È capitato per caso: al termine del terzo anno presi parte al concorso Ruskij Balet, molto noto in Russia. In giuria c’era Jurij Fateev, il direttore del Balletto Mariinskij, che mi invitò a far parte del suo corpo di ballo. In realtà allora sapevo già che mi avrebbero accettata anche al Bol’šoj, per il quale avevo sostenuto un’audizione, ma ci ho pensato e ho valutato che per me sarebbe stato più adatto il Mariinskij.
L’impatto con la compagnia di Pietroburgo come è stato?
Difficile, sì, ho avuto la sensazione di cominciare una seconda volta l’Accademia, perché bisogna dirlo, c’è grande differenza tra le due scuole di balletto, un abisso direi, nella tecnica e nello stile, soprattutto nella coordinazione e nelle braccia. Certo se avessi frequentato l’Accademia Vaganova di San Pietroburgo l’impatto sarebbe stato meno duro, ma col tempo mi sono ambientata e oggi sono contenta della mia scelta.
Che opportunità hai avuto sinora?
Tante, devo ringraziare il direttore: sto crescendo e ne sono molto felice. Ora sono al mio terzo anno in compagnia e finora ho danzato parecchi ruoli da solista: il Prelude in Chopiniana, il Pas de trois nel Lago dei cigni, la Bambola e il Pas de trois nello Schiaccianoci, la Fanciulla nello Spettro della rosa, la Gatta e la prima Fata nella Bella addormentata, due delle tre Odalische nel Corsaro, Colombina in Carnaval… Il direttore mi ha affiancato anche un’insegnante, Margarita Kullik, con la quale preparo i nuovi ruoli: è una grande opportunità lavorare con lei. Ma si impara tantissimo anche solo guardando le meravigliose ballerine del Mariinskij. Quali ammiro? Tutte! Novikova, Tereškina, Kondaurova… e cerco di prendere qualcosa da ognuna di loro.
Attualmente al Mariinskij ci sono alcuni stranieri, una novità per la Russia. Come sei stata accolta da straniera?
Ero già un po’ russa e l’accoglienza è stata buona. Inizialmente ho legato più con gli stranieri, ora anche con i russi e sono amica di tutti. I russi poi adorano noi italiani: sono tutti gentilissimi con me, cercano di parlare italiano, mi chiedono dove andare in vacanza… Anche il mio fidanzato è un ballerino della compagnia, Ramanbek Bejšenaliev.
Vita in Russia e nostalgia dell’Italia
La vita in Russia ti piace?
In Russia sto benissimo, soprattutto a San Pietroburgo: una città bellissima, un po’ europea, che mi ricorda Torino, Venezia, Parigi. Sono fortunata: vivo in appartamento e il teatro mi sostiene. Rimpianti? No, Nostalgia? Sì, perché sono sempre stata una “mammona”. Io riesco a tornare a Torino un paio di volte all’anno, ma anche i miei genitori vengono a trovarmi. Non è così lontana la Russia, ma è un altro mondo. Così concentrati come siamo sul nostro lavoro e sulle tante tournée in Asia e America soprattutto, ci si sente un po’ fuori dal mondo europeo.
Ma in Italia vorresti tornare a ballare?
Naturalmente non ho alcuna intenzione di tornare indietro, ma mi piacerebbe avere più occasioni di ballare in Italia. È successo sinora solo due volte: due anni fa durante una tournée a Torino ho danzato il Pas de trois del Lago di cigni e la scorsa estate, ricevendo il premio “Positano”, ho preso parte al Gala in coppia con Ramanbek. Però mi piacerebbe che in Italia si sapesse di più che al Marinskij c’è una certa Camilla Mazzi…