La Romanza italiana, il Lied tedesco e la Mélodie francese, sono tre generi che in un certo senso hanno una storia parallela ma, pur se formalmente non troppo dissimili, differiscono tra loro per il rapporto tra la musica e la lingua. Esiste infatti una connessione fortissima tra le scelte formali, la costruzione di una frase musicale, l’uso dell’armonia, la lingua, la storia di quella lingua, la cultura di cui il compositore è figlio.
Così il Mozart italiano è diverso da quello tedesco, una frase composta da Bellini sarà diversa da una scritta da Gluck etc. Nella musica tedesca, e nel Lied tedesco in particolare, il rapporto testo-musica va ben oltre la suggestione poetica e il significato delle parole, ma vede una connessione imprescindibile tra fonetica-suono-significante. In altre parole, ad una semantica del testo corrisponde una semantica musicale che rende necessarie certe scelte compositive piuttosto che altre.
Nel Lied in fondo è la musica a diventare poesia, esaltando, o meglio ancora sublimando la sillaba, secondo un rigorosissimo uso di una grammatica, di una sintassi precisa. È questa infatti una delle ragioni per la quale è impossibile tradurre un lied tedesco in italiano, come altrettanto goffo risulta tradurre in tedesco un’aria o una romanza italiana.
Per cercare di spiegare un discorso che presentato in poche parole può risultare oscuro, chiediamo aiuto direttamente alla musica e al nostro orecchio.
Tra i tanti esempi possibili ho scelto un Lied di Brahms. Il primo dei 4 Gesänge op. 17, “Es tönt ein voller Harfenklang” (“Echeggia, pieno, un suono di arpa”), ha un organico alquanto insolito (tre voci femminili, un’arpa e un corno) e un testo che non è particolarmente bello, Brahms però riesce a farne un capolavoro e qualche elemento ci aiuta a capire il perchè.
La forma è molto semplice come nei lieder strofici, un unico periodo musicale di otto misure, con introduzione e coda. È in do maggiore, ma la cosa singolare è che l’accordo di do maggiore non appare mai, nè all’inizio, nè alla fine. Lo troviamo di sfuggita, passeggero, e contraddetto da un mi bemolle che lo trasforma in minore oscurandone immediatamente la luce. La metamorfosi armonica avviene in corrispondenza dei versi (l’ultimo di ciascuna delle due strofe) nei quali si allude al pianto e alla fine della vita.
Sehnsucht, quella parola tedesca che noi traduciamo maldestramente con il termine “nostalgia”, ma il cui significato reale si può comprendere solo scavando nelle ragioni più profonde del “non vissuto”, della lacerazione, della separazione da ciò che sembra appartenerci ma che non possiamo conoscere e definire.
È il senso dell’irreparabile che il testo del lied può non comunicare in sè ma che si rivela solo grazie alla musica, a quel do maggiore “tradito” dall’ombra di una triade minore di passaggio, a quell’accordo dissonante che apre il brano, al vagare senza requie di armonie che non trovano piena distensione, alla seconda strofa che potrebbe potenzialmente portare ad una terza strofa. Non la sentiremo, ma i versi di quella terza strofa non scritta, e quella musica, potranno risuonare dentro di noi dopo l’ennesima dissonanza risolta in una cadenza sospesa.
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