Che cos’è la melodia? Casta diva e la musa belliniana

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Per molti la melodia è l’idea stessa di musica, per altri è un sinonimo di “tema” o di “motivo” o di una musica dolce e soave (il canto degli uccelli ad esempio).

Melodia o tema?

Tecnicamente quando si parla di melodia ci si riferisce al profilo di una linea orizzontale di suoni, al suo “disegno”. Rimane però un termine generico che non ha niente a che vedere ad esempio con “Tema”, che invece definisce una zona formale, una parte del discorso musicale i cui elementi, motivi, sono i pilastri strutturali.

Un tema può avere un profilo melodico, ma non necessariamente. Un motivo invece può essere costituto da pochissime note, anche un solo accordo, essere riconoscibile ed essere funzionale (non per forza bello) all’architettura formale.

Ma poche note non fanno una melodia. Una melodia, per essere ben composta, deve avere una fisionomia chiara, riconoscibile, avere dei punti culminanti, dei momenti di tensione e distensione, un esordio, un centro e una coda. Deve forse poter essere disegnabile, come i contorni di una catena montuosa.

Il dono della melodia

Scrivere delle belle melodie è difficilissimo. Anzi, diciamo che la melodia è anche un dono.
Un dono di chi compone, perchè non tutti i grandi compositori sono stati grandi compositori di melodie.

Ed è un dono per chi esegue, perchè non tutti gli esecutori riescono a possedere quella “cantabilità”, a dare il senso del respiro umano alle linee melodiche che interpretano.

Motivi o melodie?

Mozart, Schubert, Bellini, Chopin, Prokof’ev avevano questo dono. La loro musica sembra stagliarsi in orizzontale, e i loro temi (il cui profilo è appunto melodico) sono fisiologicamente perfetti, perché respirano con noi.

Quando un tema dal profilo melodico è ben concepito non ha bisogno di sviluppi ulteriori se non quello di essere ripetuto e variato. Ecco che si spiega la forma dell’Aria o del Lied nella musica vocale, o del Notturno nella musica strumentale.

Haydn, Beethoven, Wagner, Reger, non avevano il dono della melodia. La loro musica è fatta di motivi, di brevi cellule, riconoscibili, fatte di poche note o pochi accordi, insignificanti in sè, o non particolarmente ispirati.

I loro motivi sono come dei piccoli ingranaggi perfetti, funzionali a complesse architetture sonore nelle quali la verticalità è elemento imprescindibile. Pensate ai leitmotive wagneriani. Non avrebbero alcun senso se non considerati nella loro verticalità armonica, nel loro significato drammaturgico-psicologico, nella complessità delle immense arcate formali, di granitiche cattedrali sonore.

Stessa cosa si direbbe per Beethoven. Cosa rappresenta quel “sol sol sol mi bemolle”, se non un motivo, insignificante germe generatore di una delle più imponenti costruzioni musicali di sempre? E di certo quel motivo non può essere una melodia perchè troppo breve e non articolato.

Vincenzo Bellini

Vincenzo Bellini non costruiva gigantesche architetture, ma le sue linee melodiche erano perfette come pochi hanno mai saputo fare. E perchè le melodie belliniane sono perfette? Perchè il disegno che le costituisce è semplicissimo, ma imprevedibile, e sembra esserci sempre appartenuto, come un luogo dell’anima, un archetipo.

Prendiamo Casta Diva. Parte con intervalli piccolissimi, note ravvicinate che tornano su se stesse e ruotano attorno al “fa”. Dal “fa” la linea si allontana e si riavvicina, per poi stupirci e prendere delle distanze sempre più ampie, e di nuovo ritornare indietro, e poi ancora toccare delle note via via più lontane.

Quel “fa” da punto di partenza diventa punto culminante, raggiunge una vetta altissima, acuta, per poi gradualmente discendere, e discendendo trattiene il fiato, assaporando una lenta, estatica discesa. Provate a disegnarla, sia unendo i punti delle note dello spartito, o anche cercando di seguire la linea melodica ascoltandola.

 

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