Manfred: l’antieroe secondo Schumann

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Quando in musica parliamo di “colore” non ci riferiamo necessariamente al senso “cromatico” della parola ma più allo stato d’animo o, per dirla con i greci, all’ethos. Presso i greci infatti, la scelta di un modo (harmonia) piuttosto che un altro dipendeva dall’affetto, dal motus animi che si voleva suscitare.

Così, nella musica tonale, secondo il principio ereditato dai Greci, la scelta della tonalità determina un ambito emotivo molto preciso, non sulla base di leggi scientifiche, ma di un uso, di un fatto percettivo dato dallo stratificarsi di tradizioni ed esperienze.

Si spiega ad esempio perchè associamo il do minore al tragico, il re minore al tempestoso, il mi minore all’elegiaco etc. Ecco perchè cambiare la tonalità di un brano, prassi comune specialmente nella musica vocale, oltre a suonare strano, è considerato un sacrilegio, un torto all’autore.

Schumann e Manfred

Il trentenne Schumann, nel tentativo di tracciare un nuovo corso del teatro musicale tedesco, elabora un genere che oscilla tra l’oratorio e l’opera, in cui il canto includa anche la parola recitata. Punto di partenza sono per Schumann i generi del Singspiel e del Melodram (melologo).

Ispirandosi all’amato Byron, compone Manfred, dramma poetico in forma di dialogo per soli, coro, voce recitante e orchestra. 15 numeri musicali nei quali il narratore gioca un ruolo di protagonista, declamando da solo, in alternanza con l’orchestra, oppure integrato nella scrittura vocale mediante una determinazione esatta del ritmo della recitazione.

L’antieroe

L’Ouverture, (ecco il link) senza dubbio il pezzo più celebre del lavoro, riassume efficacemente il senso poetico del Manfred byroniano. La scelta del materiale musicale e l’uso che Schumann ne fa, sottolineano l’instabilità tormentata, il conflitto del protagonista con il proprio destino. Il costante ricorso a figurazione sincopate, gli spostamenti di accenti, la continua fluttuazione delle funzioni armoniche contribuiscono a rendere palpitante e senza pace questo primo numero del Manfred.

Ben calcolata la scelta della tonalità

Schumann scrive la sua Overture in mi bemolle maggiore, il tono eroico per eccellenza, con tre bemolli in chiave quindi. L’accordo di mi bemolle maggiore però non si trova mai per tutto il pezzo, se non di sfuggita o come accordo di collegamento. Di fatto l’intero brano è in mi bemolle minore, una delle tonalità più tetre e inusuali dell’intero circolo delle quinte. La scelta assai bizzarra chiarisce il senso.

Per Schumann, Manfred è un antieroe, un eroe fallito, angosciato, sfuggente, vittima del suo stesso destino. A seguito di una relazione incestuosa con la sorella, tenta il suicidio ma viene salvato, compie un percorso ascetico verso la conoscenza che comporta l’allontanamento del mondo corporeo terreno. Non viene perdonato. Ecco dunque l’antieroe, lo sconfitto, dominato dall’irrimediabile, e quel mi bemolle maggiore che chi legge la partitura cercherà invano.

Immagine di copertina: Carmelo Bene

 

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