Il Festival di Spoleto, giunto alla sua 60ª edizione, riparte con un momento di riflessione e raccoglimento dedicando una serata al terremoto che ha colpito il centro Italia. Protagonista Silvia Colasanti a cui il Festival ha commissionato la scrittura di un Requiem, per Soli, Coro e Orchestra, in cui testi latini della Messa da Requiem dialogano con nuovi scritti della poetessa Mariangela Gualtieri. Alla compositrice di Roma abbiamo chiesto di raccontarci la genesi del progetto.
Silvia Colasanti, il Requiem
Un Requiem per ricordare le vittime del terremoto: è certamente una commissione gravosa, sia per la complessità formale dell’opera sia per la tematica alla quale si lega. Come si è sviluppato il percorso creativo?
Quando Giorgio Ferrara mi ha proposto di pensare una serata di riflessione sul tema del terremoto, sul rapporto con la natura e sul ricordo delle vittime ho subito proposto un Requiem. Mi è sembrato un modo di rispondere alla sua richiesta ma anche di confrontarmi in arte con un tema eterno: il rapporto con la fine delle cose.
Ho sentito con molta forza il ricco e alto passato di questo genere musicale e la profondità del tema. Nel primo periodo di ideazione ho pensato a molte possibilità diverse per lavorare, sia da un punto di vista formale sia di linguaggio. Inoltre è la prima volta che mi confronto con il tema sacro in musica, e anche questo pesa, naturalmente, sulle scelte compositive.
I testi di Mariangela Gualtieri
Una cosa era certa fin da subito: affiancare ai testi della liturgia canonica dei testi nuovi, che con quella si confrontassero. Per questo ho coinvolto nel progetto Mariangela Gualtieri, poetessa con la quale avevo già collaborato in passato, che ha saputo trovare la giusta interazione con i testi che avevo selezionato dalla liturgia latina.
Circa il linguaggio ho pensato di rifarmi alla potenza originaria della nascita della polifonia, ovviamente leggendo questo passato così lontano con gli occhi – e gli strumenti compositivi – di oggi.
Una cantante, una poetessa (che ha scritto anche parte dei testi) e il bandoneon. Mi pare siano queste le “voci” principali di un dialogo in cui emerge, nonostante tutto, un desiderio di speranza…
Sì, ho immaginato una struttura oratoriale, con dei veri e propri personaggi. Il Coro che non dubita, la Dubitante (la Gualtieri stessa che reciterà i suoi testi), Cuore ridotto in cenere (Monica Bacelli, la cantante che interpreterà l’aria all’interno del Dies Irae), Respiro della Terra (il bandoneon di Richard Galliano). Il senso della speranza emerge sicuramente dal testo, che prega i morti esaltando la vita, soprattutto in quelle piccole gioie quotidiane alle quali, per abitudine, non prestiamo più attenzione.
Sogni nel cassetto
Colasanti è ormai una certezza nel mondo della composizione contemporanea; lei come si vede? Progetti futuri? Sogni nel cassetto?
Per me è molto difficile – nella vita, come nella musica – ‘pensare’ il mio futuro. Sono fortemente radicata nel presente, in costante ascolto delle mie esigenze interiori e affronto di volta in volta le sfide sempre diverse che mi arrivano.
Ogni volta che comincio un lavoro mi metto nella condizione di ricominciare a pensare da zero. Detesto la routine (altrimenti non avrei scelto questo mestiere!). Alcune cose, certo, mi accompagnano da sempre, anche se cambia lo sguardo che ho su di loro, e una di queste è il Teatro.
Trovo molto vitale e stimolante confrontarmi ed interagire con altri linguaggi artistici. Impegni più imminenti sono a settembre un concerto con Mariangela Gualtieri per la Sagra Musicale Umbra e un melologo con Natalie Dessay e l’Orchestra Verdi a milano.
Poi il ritorno a La Fenice in ottobre con un lavoro per voce e orchestra tratto dal Lamento di Procri di Cavalli e a dicembre la presentazione del melologo Orfeo alla Carnegie Hall di New York.
Il frontespizio della partitura edita da Ricordi è opera di Vincenzo Scolamiero, Stringeranno nei pugni una cometa, inchiostro di china su partitura, cm.59×42, 2017
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