Luca Pisaroni. Da giovane un’audizione con Nikolaus Harnoncourt gli ha cambiato la vita. Adesso è uno dei basso-baritoni più richiesti al mondo e dal 10 al 19 agosto debutterà al Rossini Opera Festival nel ruolo di Mahomet nell’opera “Le siège de Corinthe”.
Gli inizi con Harnoncourt…
Ripensando ai suoi inizi e al Don Giovanni a Salisburgo con Harnoncourt, cosa ci racconta?
«Feci un’audizione con Nikolaus Harnoncourt a Zurigo nel 1999 quando ancora ero studente al Conservatorio di Milano. Tanta era l’emozione che la notte prima dell’audizione non riuscii a chiudere occhio. Lavorammo insieme “Notte e giorno faticar” e “ Madamina” per una buona mezz’ora. Al termine dell’audizione mi chiese se fossi interessato a cantare Masetto con lui al Festival di Salisburgo. Ovviamente per me – studente del conservatorio – era un sogno che si avverava e dissi subito di sì.
Quando arrivai a Salisburgo ero circondato da un cast di cantanti fantastici come Thomas Hampson, Ildebrando d’Arcangelo, Anna Netrebko, Michael Schade e capii subito che avevo ancora tanto da imparare. Decisi di non perdermi neanche una prova perché ero ansioso di imparare e di assorbire tutto quello che potevo dai miei colleghi, dal regista (Martin Kusej) e da un genio musicale come era Harnoncourt. È stata per me una esperienza indimenticabile».
Gli studi in Argentina
Tra i maestri un nome su tutti emerge: Renato Sassola; ci racconta un aneddoto che vi vede protagonisti?
«Ho conosciuto Renato Sassola a Milano tramite un amico pianista che lavorava al Teatro alla Scala. All’epoca frequentavo il Conservatorio di Milano ma non ero contento della mia tecnica vocale perché non ero riuscito a raggiungere quell’idea di canto che ho sempre avuto in mente.
Ho avuto un rapporto molto speciale con Renato perché sin dalle prime lezioni ho capito che la sua idea di canto e di tecnica era esattamente quello che io stavo cercando. Dopo tre lezioni a Milano gli dissi che avrei voluto tanto poter lavorare con con lui in maniera più duratura ma mi rispose che purtroppo era in Italia solo di passaggio e che viveva a Buenos Aires.
Io non mi persi d’animo e con l’incoscienza dei miei 20 anni gli disse che mi sarei trasferito in Argentina per tutto il tempo necessario a raggiungere i miei obbiettivi. E così feci. Passai quasi otto stupendi mesi a Buenos Aires, studiando quasi tutti i giorni e imparando tanti ruoli nuovi. Una decisione di cui ancora oggi sono molto felice e che mi riempie ancora il cuore di tante emozioni».
Philip Gossett
Nel 2012 a Santa Fe ha debuttato in un ruolo da sogno per un basso baritono: Maometto II. Per l’occasione ha lavorato tra l’altro a stretto contatto con un musicologo eccellente, Philip Gossett, da poco scomparso…
«Maometto è stata una mia ossessione sin dal 1994 quando l’ho visto interpretato da Samuel Ramey al Teatro alla Scala di Milano. È un ruolo bellissimo, molto difficile tecnicamente e con una potenza drammatica che raramente noi basso-baritoni riusciamo a vivere sul palcoscenico. Ho ancora i brividi se penso all’ingresso trionfale prima della grande aria “Sorgete!”.
Quando il Festival di Santa Fe mi ha proposto il ruolo – in una nuova produzione di David Olden – ho avuto dei dubbi ma alla fine ho deciso di sfidare me stesso. Il lavoro di preparazione è stato lungo ma molto interessante.
Avere la possibilità di lavorare fianco a fianco di un musicologo del calibro di Gossett è stato per me un grande privilegio. Mi ha aiutato a trovare un’intenzione drammatica in tutte le indicazioni musicali di Rossini».
Adesso sarà Maometto II al ROF nell’opera Le siège de Corinthe, che ci può dire? Ha già avuto modo di confrontarsi con direttore e regista?
«Sono molto onorato che il Rossini Opera Festival mi abbia chiesto di cantare Mahomet. Il ruolo ha delle similarità con il Maometto II ma ci sono molte parti che sono totalmente nuove e che si differenziano molto, come per esempio i due terzetti del secondo atto. Siamo in pieno periodo di prove e sono sicuro che la produzione de La Fura dels Baus sarà molto interessante.
Ho la fortuna di avere come direttore d’orchestra Roberto Abbado che è un esperto in questo repertorio, con una chiara visione drammatica e che ha il grande pregio di conoscere bene le voci e che riesce ad ottenere il meglio dai cantanti».
Luca Pisaroni, in giro per il mondo
Lei abita a Vienna ma gira il mondo per lavoro, e sembra che i suoi 2 cani la seguano sempre… è così?
«Io vivo a Vienna da più di 10 anni con mia moglie Catherine e i miei due cani Lenny, un golden retriever e Tristan, un bassotto nano. È una città che io amo molto non solo per le bellezze architettoniche ma anche per quello che offre in termini di cultura. La cosa che non finisce mai di stupirmi è l’importanza che la musica lirica e sinfonica hanno nella vita di tutti i giorni. Sono molto fortunato ad avere una moglie che riesce a viaggiare con me e che condivide con me questa mia avventura.
I cani ci seguono sempre – ovviamente nel limite del possibile – perché viaggiando così tanto ci fanno sentire a casa dovunque siamo. La cosa che adoro di più è vedere come dialogano tra di loro in maniera silenziosa: un dialogo fatto solo di sguardi e di atteggiamenti del corpo che non manca mai di metterci un bel sorriso sulle labbra».
Prossimi appuntamenti (dopo il ROF)?
«Dopo Pesaro sarò a Parigi per un importante debutto: Golaud in Pelleas et Melisande in una bellissima produzione di Robert Wilson e con la direzione di Philippe Jordan, a seguito due recitals con un programma completamente dedicato a Schubert ad Essen e Berlino, poi un altro debutto rossiniano con Mustafà ne L’Italiana in Algeri all’Opera di Vienna, due recitals a Firenze e Trento con canzoni italiane e americane ed infine il Conte ne Le nozze di Figaro al Metropolitan di New York. Posso dire che la “colonna sonora” della mia vita è decisamente bella».
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