Si scrive opera all’aperto, si legge Arena di Verona

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L’opera all’aperto

Allora, ci risiamo: estate, caldo (e che caldo) e opera all’aperto. E qui è subito rissa fra chi proprio non rinuncia a mettere al fresco il melodramma sotto un soffitto di stelle farneticando magari di acustiche “ottime” (solo nelle mitomanie locali) e chi pensa che all’aperto si giuoca alle bocce, non si fa della musica, detto come va detto, con accento parmigiano-incazzoso.

Democristianamente, stiamo nel mezzo. Nel senso che il dubbio non è se mettersi all’opera nelle varie arene e sferisterii, ma come. All’aperto si possono fare anche spettacoli importanti o per la scelta dei titoli o per il modo di proporre quelli soliti, vedi Martina Franca o il nuovo corso di Macerata o l’Archevêché di Aix, cui credo nessuno possa negare patenti di nobiltà “culturale”.

L’Arena di Verona

Diverso il discorso per il luogo più amato della lirica nazionalpopolare come l’Arena di Verona dove, è chiaro, il repertorio è quello solito e il modo di metterlo in scena anche. Benché poi io non sia convinto che lo zeffirellame sia una scelta obbligata, semmai è una scelta comoda e sicura. Qui, è chiaro, il senso, se ce ne può essere uno, non può che essere nelle voci. Non si va in Arena a sentire “Aida” o “Trovatore”. Si va in Arena per sentire come il soprano Pinca o il tenore Pallino cantano Aida o Manrico.

E allora va detto che quest’anno, gestione Gasdia, andare all’Arena un senso l’ha avuto. Forse non per la cinica “Traviata” postuma “di” Zeffirelli (dico forse perché non l’ho vista), di certo per “Il trovatore” dove si è esibita, fatta la tara di un’Azucena di usato non sicuro, un’ottima compagnia. E soprattutto un’Anna Netrebko piramidale, una combinazione micidiale di voce torrenziale, tecnica impeccabile, disciplina artistica (tutte le cabalette e tutti i daccapo, oh yes) e carisma interpretativo.

Il miracolo Anna Netrebko

E allora sì, quando sulle vecchie amate pietre  tredicimila persone sono soggiogate avvinte appese a una donna che canta “D’amor sull’ali rosee”, e lo canta così, il miracolo si compie e anche questa vecchia baracconata che è la “lirica” all’Arena diventa improvvisamente un momento alto. Come se ancora l’opera e Verdi fossero un pezzo della nostra storia e di noi stessi, e forse il più importante.

Info: Arena.it

Immagine di copertina © Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

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