L’evoluzione della post-modern dance americana

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I concomitanti tours in Italia della Paul Taylor Dance Company e della Parson Dance fotografano l’evoluzione della post-modern dance americana, che qualora intrisa di un certo gusto per l’entertaiment continua a godere di grande fortuna.

Pieno il successo della Paul Taulor Dance Company nelle tappe italiane al Teatro Comunale di Vicenza, al Teatro Grande di Brescia e in Svizzera al Lac di Lugano. Si spera non sia un canto del cigno, a pochi mesi dalla scomparsa dell’ottuagenario fondatore, ultimo gigante della danza americana del Novecento. L’ensemble, composto da una ventina di danzatori, oggi è nelle mani di un direttore scelto dal patriarca, Michael Novak, ma già si pone l’incognita del futuro: la PTDC continuerà a vivere del suo (amplissimo) repertorio con il rischio di diventare una compagnia-museo o si contaminerà con nuove creazioni?

Si propende per la prima ipotesi visto che per sessantacinque anni la compagnia è sempre rimasta fedele a se stessa, per temi e stile. Taylor sapeva toccare il cuore degli Americani: in Company B la spensieratezza delle canzoncine a ritmo di boogie-woogie delle Andrew Sisters non nasconde il dolore per un’intera generazione sacrificata alla Seconda guerra mondiale. Con felicità compositiva in Esplanade, su musica di Bach, torna un altro topos nazionale: le “dances at the gathering”, ovvero le riunioni spensierate tra ragazze e ragazze che si corteggiano. E come conferma Air, sui Concerti Grossi di Händel, il coreografo non volle mai rendere contemporaneo il suo stile virtuoso e persino atletico ma sobrio nell’effetto, cristalizzandolo come perfettamente moderno. Ma ci si domanda: reggerà al gusto del pubblico odierno o sarà destinato solo a congressi educativi e scolastici?

Lusinga invece totalmente il più ampio pubblico la Parson Dance, reduce dal solito trionfale tour italiano, ultima tappa Milano, Teatro Nazionale. Virtuosismo e atletismo tipici anche di David Parson (già danzatore della PTDC), sono dispiegati e anzi enfatizzati dagli ottimi danzatori. Tutti capaci di diventare beniamini del pubblico dopo i numeri strappa applausi, soprattutto l’italiana popolare per la trasmissione televisiva “Amici”, Elena D’Amario, tanto che all’annuncio della sua assenza per malattia il teatro sbotta in un’esclamazione di delusione. Parson ripropone immancabili hit come Caught, assolo con luci stroboscopiche creato per sé e oggi interpretato da una danzatrice, o il gioco di mani in stile Momix Hand Dance. Ci sono anche nuove creazioni, come l’anteprima europea su musica indiana Microburst e il divertimento finale Whirlaway, che conclude la serata tra i battimani e le incitazioni del pubblico. Vincono qui, a differenza della PTDC, l’esuberanza dell’effetto, le linee estreme e i tanti stili contemporanei, l’invitabile contaminazione con il gusto televisivo.

Cosa sceglierà il pubblico, ma soprattutto: cosa resterà?

Immagini Ph. Lois Greenfield

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