L’ultima Biennale Teatro di Venezia ha dedicato una piccola personale a Gisèle Vienne: marionettista, regista, coreografa, fotografa – l’artista che il nostro tempo merita. Figlia di un diplomatico e di una scultrice, studi di filosofia, la quarantaduenne francese si è formata su autori maudits, che tornano continuamente nei temi delle sue pièces: Georges Bataille, Alain Robbe-Grillet e la moglie musa Catherine – alias Jean(ne) de Berg, e ha eletto a suo drammaturgo personale lo scrittore gore americano Dennis Cooper.
Dal diploma all’École des arts de la marionette, è lei a fabbricare le bambole, gli automi e le marionette protagonisti delle sue inquietanti pièces. Tutti adolescenti, perché sono i turbamenti erotici e le pulsioni di morte della crescita ad interessarla.
Il dittico I Apolgize e Une Belle enfant blonde è popolato di conturbanti lolite tra i 12 e i 13 anni: il viso in vetro resina è modellato sui ritratti del pittore ottocentesco belga Fernand Knopff, lo scheletro della fragile corporatura (altezza un metro e 50 centimetri) è in legno e fil di ferro, l’abbigliamento riprende le divise da collegiali degli anni ‘50 o gli abitini dalle bambine fotografate da Lewis Carroll. Con candore la Vienne spiega che è nella tradizione storica della marionetta la capacità di rappresentare, attraverso lo schermo dell’attore inanimato, temi che altrimenti risulterebbero insopportabili, perché trasgressivi, violenti, talvolta addirittura tabù.
Nell’installazione-concerto Kindertotenlieder cinque interpreti in carne ed ossa dividono la scena con pupazzi dalle sembianze infantili quanto sinistre, abbigliati in stile dark con felpe dai simboli satanici, jeans slim, accessori borchiati. Evocano i Perchten, ovvero quelle figure della tradizione popolare austriaca che appaiono nel mezzo dell’inverno tra i paesaggi alpini per punire le anime dannate.
Jerk è la ricostruzione immaginaria dei crimini realmente perpetrati dal serial killer americano Dean Corll, che nello Stato del Texas, a metà degli anni ’70, uccise una ventina di ragazzi. Nella pièce, interpretata dall’attore feticcio Jonathan Capdevielle, si immagina che l’ergastolano David Brooks – uno dei due adolescenti che aiutarono Corll – apprenda in prigione l’arte delle marionette a guanto e in uno spettacolo per una classe di studenti di psicologia rievochi tutti gli omicidi di cui è colpevole.
Eppure le pièces della Vienne conservano un’estetica intimamente romantica. In Eternelle idole la protagonista è una pattinatrice teen-ager, assassinata come la Laura Palmer di Twin Peaks, che ritorna quale fantasma di innocenza. L’universo adolescenziale del pattinaggio, con il suo contorno kitck di costumi, musiche, coreografie, compare per la prima volta reintepretato sulla scena contemporanea.
Esplora ancora una volta il mondo degli adolescenti la nuova coreografia presentata a Venezia in prima italiana, Crowd, per 15 interpreti con le loro storie Questa volta ad interessare la Vienne è la festa, colta nei suoi aspetti di rituale: se la prima idea era una sua versione della Sagra della primavera (la terra sparsa al suolo nel rave è una citazione bauschiana), la pièce è un Sacre da Millennials, con musica techno underground di area tedesca al posto di Stravinsky.
Ma Gisèle Vienne non abbandona le sue creature inanimate, protagoniste della prossima creazione rivelataci in anteprima: storia di un fanciullo che per attirare l’attenzione della madre dal quale non si sente amato medita il suicidio.