A Quiet Evening of Dance: incanta a Brescia lo spettacolo di William Forsythe

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Ogni ritorno in Italia di William Forsythe è un avvenimento: il coreografo americano non accompagnava il suo ultimo spettacolo, A Quiet Evening of Dance, ma l’entusiasmo deve averlo raggiunto fin nel Vermont, dove da anni si è ritirato.

Un pubblico di giovani e cultori l’ha accolto estasiato al Teatro Grande di Brescia, al quale Forsythe, invaghito dei suoi spazi, due anni fa aveva dedicato il pezzo estemporaneo Study # 1. Al Teatro Valli di Reggio Emilia, che per primo in Italia accolse la sua compagnia, il coreografo era di casa, tanto che tra il pubblico di fedelissimi c’era Sylvie Guillem, sua interprete d’eccezione.

Rarefatto, difficile ma folgorante il programma, specchio dell’evoluzione del pensiero coreografico di Forsythe, che dopo aver destrutturato e rifondato il linguaggio della danza contemporanea, continua a farlo servendosi di altre fonti, storiche e stilistiche. Sette i danzatori specializzati, quasi tutti suoi veterani, e non importa se un po’ invecchiati o con qualche chilo di troppo: nessun altro sarebbe più virtuoso nell’idioma del maestro. Un ousider però c’è: il tedesco Rauf Yasit, aka “RubberLegz”, possente ma vibratile breaker, che porta un accento nuovo al verbo forsythiano.

In una serata concepita come un concerto da camera, la prima parte del programma assembla vecchi e nuovi pezzi su musica di Morton Feldman. I primi, come il duo maschile in remake Dialogue, sono di quel tono felicemente décontracté che ha rinnovato l’imperiosa cifra post-classica del Forsythe degli esordi. I secondi si spingono ancora oltre e stupiscono con una scrittura coreografica che basta a se stessa, vive di gesti quotidiani inscritti nella simmetria dei corpi, è agita sul silenzio come il duo per danzatrice e danzatore Catalogue (Second Edition). Che poi il coreografo, con un geniale balzo à rebours, sia arrivato a sostituire la propria matrice tecnica classica con la danse d’école degli albori, fiorita nel XVII secolo alla corte di Francia e nella sua prima Accademia, è evidente nella seconda parte del programma. In Seventeen/Twenty One, sulla musica di Jean-Philippe Rameau Hippolyte et Aricie: Ritournelle, i danzatori citano e reinventano le piccole pose e i minuti virtuosismi che a Versailles divertivano il re Sole ballerino Louis XIV e i suoi cortigiani. Qualcosa di mai visto sulle scene della danza, come sempre con Forsythe.

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