Definire la musica sembra essere una tentazione imprescindibile. Etichettare, inquadrare storicamente, cercare aggettivi o termini di riferimento per lo stile di uno o un gruppo di compositori, è una prassi gradualmente consolidatasi nell’ultimo secolo grazie anche alle esigenze del mercato discografico, e a una certa rigidità dei manuali di storia della musica.
Se da un lato infatti gli aggettivi ci aiutano a orientarci nel tempo, a conoscere le caratteristiche generali di uno stile, dall’altro ci costringono alla semplificazione, talvolta fuorviante. Gli equivoci si presentano maggiormente con la musica del Novecento, e ancora di più con quella scritta negli ultimi cinquant’ anni, per non parlare della musica contemporanea. Tutto quello che è ritmico con spostamenti di accenti può diventare “stravinskijano”, o se “percussivo” diventa “bartokiano” o “prokofieviano”, se un pezzo è ricco di nuances o di timbri particolarmente raffinati diventa “debussiano”, o se di figurazioni ritmiche che si ripetono uguali diventa “minimalista”, se fatto di cromatismi “wagneriano”, e per la musica contemporanea, se contiene qualche intervallo “consonante” diventa “neoromantico”.
Il compositore possiede un tavolo di lavoro, con diversi strumenti, numericamente non infiniti, dei quali può disporre, sulla base di un’estetica e della propria vita personale, fatta di esperienze metabolizzate, assorbite e restituite attraverso la propria musica. Fortunatamente “etichettare” John Adams è un’impresa felicemente impossibile. Spesso definito frettolosamente un minimalista, John Adams (72 anni) continua a essere uno dei più originali e prolifici compositori viventi, e la sua musica, che non esisterebbe forse senza Copland o Stravinskij, senza mai essere nè uno nè l’altro, si rinnova continuamente.
Short Ride in a fast machine è del 1986, uno dei suoi pezzi più celebri. Quattro minuti per grande orchestra dominati da figure ritmiche ripetute e sovrapposte che generano una trama intricatissima e pulsante (il pezzo si ispira ad una corsa effettuata da John Adams sulla Lamborghini del cognato).
Immagine di copertina: John Adams