Oxford, 1927. Nel suo A Survey of Contemporary Music fresco di stampa il critico e compositore Cecil Gray scrive: «Riguardo a Germaine Tailleferre [unica donna del Gruppo dei Sei, ndr] possiamo soltanto ripetere la frase del Dr. Johnson su una donna che predicava, trasposta al campo della musica: “Signore, una donna che scrive musica è come un cane che cammina sulle zampe di dietro; non lo fa bene, ma è comunque straordinario che possa farlo”». Un tipico caso di british humour…
Oggi la situazione professionale per le compositrici è senza dubbio migliorata; eppure sono ancora spesso sottorappresentate nei programmi e nelle attività concertistiche. Con lo scopo di approfondire la carriera e il lavoro delle donne in musica, Vilma Campitelli, musicologa e docente di flauto traverso al Conservatorio Umberto Giordano di Foggia, da trent’anni raccoglie e cataloga le opere di compositrici dedicate al suo strumento. I suoi studi sono culminati nella pubblicazione del Compendium Musicae Flauta (Edizioni Smasher, 2018), un volume ragguardevole per dimensioni e qualità: 15.000 titoli di opere per flauto, 2.800 compositrici provenienti da 100 nazioni e 5 continenti in un arco temporale di quattro secoli.
Vilma Campitelli e il Compendium Musicae Flauta
Il suo Compendium dimostra che le compositrici sono sempre state molto più numerose di quanto abbiamo mai potuto immaginare. Come è nato?
Sono tante, ma non sono tutte. È un lavoro nato un po’ per caso che poi si è rivelato un lavoro che non finiva più: sono sempre andata alla ricerca di musica di compositrici per i miei concerti con il Quartetto Image e man mano ho accumulato nomi e spartiti. Grazie alla mia collaborazione con la Fondazione Patricia Adkins Chiti – Donne in Musica, che aveva rapporti con l’Unesco e una fitta rete di associazioni in tutto il mondo, sono riuscita a reperire tutte le informazioni necessarie per il Compendium.
È stato fondamentale anche il progetto WIMUST – Women in Music Uniting Strategies for Talent, promosso proprio dalla Fondazione e che ha portato alla creazione di una banca dati di tutte le compositrici europee. Io nel mio catalogo ho compreso tutte le nazionalità possibili, dal Pakistan alla Palestina, incluso compositrici africane; nazioni in cui è difficile reperire dati e di questo sono molto contenta e orgogliosa. Ma il lavoro, come detto, è ancora incompleto e qualcuno mi sta già proponendo una seconda edizione aggiornata.
Che risposta ha ricevuto da parte degli “addetti ai lavori”?
Vedo molto più interesse all’estero che in Italia: sono stata invitata alla Sorbona a Parigi, prossimamente andrò in America, Danimarca, Svezia. Però voglio concentrarmi anche sull’Italia, ho già presentato il lavoro in alcuni conservatori tra cui L’Aquila, Foggia, Adria, e prossimamente a Milano.
La musica delle donne
Nel corso delle sue ricerche che idee si è fatta della situazione delle compositrici?
Penso che esista una vasta parte di repertorio che non si conosce e questo è dovuto a vari fattori: vediamo che le programmazioni delle stagioni concertistiche sono formate per circa il 98% da compositori e del 2% da compositrici. Questo vuol dire che si conosce soltanto un tipo di repertorio. Quindi la ricerca verso un nuovo tipo di repertorio è assolutamente essenziale. Poi se sia bello, se sia più importante o interessante di quello maschile, sarà la Storia a dirlo, non saremo noi.
C’è così tanta differenza nella ricezione estetica di un’opera scritta da un uomo piuttosto che da una donna?
È una domanda che mi sono posta spesso anch’io. Secondo me, da musicista che ha eseguito tanta musica di compositrici, c’è. Però non saprei spiegare in cosa consiste. Si tratterebbe di indagare la musica in base ai gender studies come è stato fatto in letteratura. Mi auspico che nel prossimo avvenire possano esserci al conservatorio dei corsi di musica di genere, proprio come si fa nelle università con la letteratura.
Una Fondazione per l’inclusività
Lei è stata per tanti anni anima della Fondazione Adkins Chiti – Donne in Musica. Oggi che la sua attività si è arrestata crede ci sia ancora bisogno di lottare per una parità di trattamento artistico tra uomini e donne?
Sicuramente. La Fondazione Adkins Chiti è nata nel 1978 sull’onda dei movimenti femministi, il referendum sul divorzio e sull’aborto. Ha lavorato per incoraggiare il piano interculturale, ha collaborato con l’Unesco, con l’Unione Araba, con le unioni dei compositori di diverse parti del mondo al fine di mettere in risalto la musica nel concetto di genere. Abbiamo pubblicato cinquanta e più volumi in tante lingue con l’obiettivo di divulgare la produzione di queste donne. Nel tempo abbiamo creato a Fiuggi una biblioteca di circa 42.000 partiture di lavori di compositrici.
Patricia Adkins Chiti era una donna molto forte e determinata, non era un carattere facile. Lei era inglese, e anche come mentalità rispetto al femminismo gli inglesi avevano un percorso storico diverso dal nostro. È stata una pioniera in questo ambito. È un percorso che richiede molte energie che poi devono confluire in un’équipe e in progetti. Io non mollo.
Qui il link all’articolo sul database di opere liriche composte da donne nel corso dei secoli appena condiviso dalle musicologhe statunitensi Christine Ammer e Penny Brandt.