Elisir d’amore o Bordeaux? Stupenda magia o solita realtà?

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«Prediletti dalle stelle, io vi lascio un gran tesoro: tutto è in lui: salute e belle, allegria, fortuna ed oro». Queste e altre ancora son le delizie promesse da Dulcamara per mezzo del suo “magico liquore”, una riserva di Bordeaux che all’occasione diviene portentoso Elisir damore.

L’Elisir d’amore torna alla Scala

Il melodramma giocoso di Donizetti e Romani torna in scena al Teatro alla Scala dal 21 settembre al 17 ottobre. Direzione di Fabio Luisi, regia di Grischa Asagaroff, scene e costumi di Tullio Pericoli (realizzati nel 1998 e poi ripresi nel 2001).

Un bosco di tela ordina gli ingressi in quinta, sul fondo lo schizzo di una collinetta: questa la scena per il primo coro di Giannetta e dei mietitori, illustrazione da libro di fiabe in cui nuances pastello colorano personaggi in pasta di zucchero. Sobria la regia di Asagaroff, carente nella coreografia del gesto, ma suggestiva nella sostanza luministica declinata da Hans-Rudolf Kunz.

La direzione di Luisi

Opaca la direzione di Fabio Luisi, sovente impegnato in stacchi di tempo accelerati, una rincorsa (rossiniana) che lascia indietro i cantanti e il coro. Un po’ amarognolo il debutto alla Scala di Eleonora Buratto, (da qualcuno) ingiustamente fischiata alla fine dello spettacolo, in difetto nella morbidezza del fraseggio e nella varietà delle dinamiche ma solida nell’esecuzione del ruolo.

La parte del divo, alla première, la recita Vittorio Grigolo: voce brillante e ben proiettata, consapevole chiaroscuro dinamico, carisma scenico (fin troppo) pronunciato. Invero suggestiva l’interpretazione di Una furtiva lagrima. Buona la prova di Mattia Olivieri (Belcore) e di Michele Pertusi (Dulcamara). Alla fine della recita non possiamo dire di aver assistito ad affascinanti magie di scena, nessun elisir, il “solito” Bordeaux.

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