Abbiamo incontrato Enrico Onofri, violinista barocco e direttore, il 13 giugno protagonista al Ravenna Festival con un omaggio a Corelli.
Enrico Onofri, violinista e direttore
Eccellente violinista e, ormai da diversi anni, apprezzato direttore: in che veste si sente più a suo agio?
Difficile risponderti, poiché mi sento una specie di Ulisse musicale che vagheggia di continuo una qualche Itaca, ovunque si trovi e qualunque abito vesta. Sul podio è forte il richiamo dello strumentista che è in me. Ma poi col violino in mano – nell’intimo di un recital o di un concerto cameristico – sogno ed inseguo i grandi spazi dell’orchestra. In ambedue i casi sono proprio tali assenze e nostalgie a guidare la mia navigazione tra le note.
Cosa l’ha portata a salire sul podio e dirigere?
Credo che sia un approdo naturale per un violinista che è stato a lungo concertmaster e solista. Dal punto di vista storico la figura del direttore nasce in parte da quella del primo violino che via via abbandona l’archetto per meglio guidare l’orchestra o le voci in scena.
Salire sul podio, per un violinista “storicamente informato”, significa dunque raccontare quel percorso. Coordinare dal podio i fili invisibili che permettono ai musicisti di incontrarsi tutti in un flusso unico di comunicazione è in questo senso la naturale prosecuzione del ruolo di concertmaster.
Imaginarium ensemble
Ha fondato Imaginarium Ensemble, specializzato nel repertorio barocco. Cosa ci racconta di questo gruppo?
Il gruppo muove i suoi primi passi nel 2002 come continuazione ed espressione alternativa al lavoro fatto col mio vecchio gruppo, Il Giardino Armonico. Ad Imaginarium Ensemble sono particolarmente cari il Seicento ed il repertorio cameristico. Ma sempre più spesso il gruppo si allarga fino a diventare piccola orchestra. Crediamo in un lavoro artigianale e paziente sulla musica, quello che purtroppo sta rapidamente scomparendo, soffocato da budget, mentalità e tempistiche sempre più ristretti.
Al Ravenna Festival
Vi esibirete a Ravenna, il 13 giugno, nel prossimo Festival con un omaggio a Corelli. Cosa ci dice delle Sonate per violino op. V?
Una raccolta che suggellò la sperimentazione formale ed espressiva del diciassettesimo secolo e allo stesso tempo segnò i destini della musica a venire. Corelli fu cosciente del suo valore, non a caso scelse il primo gennaio 1700 per la sua pubblicazione. È un autore che sento particolarmente vicino. La sua musica raccoglie tutti gli elementi che più mi stanno a cuore: cantabilità, retorica, espressione teatrale, sacralità, architettura perfetta. Un’antitesi tra passioni coinvolgenti e nobile eleganza che la pone come sospesa tra due punti estremi, immobile e centrifuga al contempo.
Prossimi progetti?
Pur vivendo in Italia, la mia attività si svolge da sempre quasi tutta oltralpe: a giorni sarò in Canada per dedicarmi all’Estro Armonico di Vivaldi, riprenderò in autunno la mia collaborazione con i Bochumer Symphoniker, coi quali esplorerò da Vivaldi fino a Berio passando per Haydn, Mozart, Boccherini, Grieg e Respighi.
Sempre forte è il mio legame con l’Orquesta Barroca de Sevilla che continuo a dirigere sin dal 2006. Poi un’impegno operistico in Austria, concerti con varie orchestre sinfoniche e “storiche” in giro per l’Europa, un tour estivo con Imaginarium Ensemble, recital solistici e infine una registrazione il cui oggetto è per ora…segreto.
Ma ci tengo particolarmente a segnalare la mia presenza quest’anno in alcuni piccoli festival italiani che procedono ancora con forza nonostante la crisi, come a breve il festival Cusanino a Filottrano, solo uno tra i vari che vorrei poterti citare qui. E naturalmente continuo l’attività didattica, mia imprescindibile fonte di gioia e ispirazione.
Foto di copertina Ph. Maria Svarbova
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