Carlos Álvarez è uno Scarpia “smemorato” nella Tosca al Carlo Felice

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Per esibirsi con successo in pubblico occorrono molte qualità e magari anche qualche difetto (per dirne uno, essere inconsapevoli dei propri limiti, in certi casi, aiuta molto). Ma ce n’è una che non si sottolinea mai abbastanza: la memoria. Condizione necessaria ma non sufficiente, certo. E tuttavia di qualche piccolo buco di memoria si accorge solo chi ce l’ha e magari gli addetti ai lavori, specie quelli che sono anche addetti ai livori; quando diventano troppi, se ne accorge anche il pubblico, e allora possono essere dolori.

A meno che non siano platee pacioccone e indulgenti. Tipo quella assai vissuta, tipo matinée a Villa Arzilla, di domenica 12 maggio per una “Tosca” al Carlo Felice di Genova. Carlos Álvarez è generalmente un ottimo baritono, e lo ha ribadito fin da “Un tal baccano in chiesa!” che ha risvegliato un paio di vegliarde dal pisolino postprandiale. Peccato che nel secondo atto si sia dimenticato del tutto la sua parte, trasformando il drammatico ricatto di Scarpia in una farsa alla Marx Brothers e il duetto con Tosca in un quartetto in cui mettevano becco, cercando disperatamente di suggerire, anche Spoletta dalla scena e il direttore dal podio. E tuttavia alla fine lo smemorato di palazzo Farnese è stato applaudito. Il divertimento, in effetti, non era mancato.

Mai, comunque, come a un remoto concerto della grande Rosalyn Tureck, credo a Firenze (vado, appunto, a memoria). Faceva un Bach, non ricordo se le Goldberg o il Wohltemperierte, ovviamente con tutti i ritornelli. La Tureck entra con la musica, trova che il seggiolino è troppo basso, ci colloca sopra lo spartito, ci si siede sopra e attacca a memoria, tanto la sapeva meglio di Bach stesso. Suona, suona, suona, dopo un po’ (un bel po’), le viene però un vistoso buco di memoria e si ferma interdetta con le mani sospese sopra la tastiera. Momento quasi drammatico. Ed è allora che dalla platea si leva beffarda una voce: “Ce l’hai sotto il c…!”.

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