West Side Story ha inaugurato la stagione dell’Accademia di Santa Cecilia. Sul podio Antonio Pappano, Nadine Sierra nel ruolo di Maria e Alek Shrader come Tony

Pare che la domanda più frequente rivolta al maestro Antonio Pappano nei giorni precedenti l’inaugurazione della stagione 2018/19 dell’Accademia di Santa Cecilia, riguardasse il fatto di aver scelto un “musical”. Come se West Side Story di Leonard Bernstein, appartenendo allo showbusiness di Broadway, non potesse varcare le soglie della pluricentenaria Istituzione romana, di cui fu acclamatissimo Presidente onorario.
La versione in forma di concerto è stata concessa quest’anno solo a sei istituzioni sinfoniche in tutto il mondo. Ma West Side Story ha confermato di essere quel capolavoro che sappiamo; a partire proprio dal ribaltamento dei confini del suo “genere”, che non è la commedia ma la tragedia musicale.
Un monito contro l’intolleranza
Così Bernstein & Co. (un gruppo di geni comprendente il coreografo Jerome Robbins, lo scrittore Arthur Laurents, il poeta e musicista Stephen Sondheim) trasferendo Romeo e Giulietta fra le gang di Manhattan, realizzarono un monito senza precedenti contro l’intolleranza e la violenza razziale. Bernstein stesso, ebreo figlio di immigrati russi, compositore, direttore, pianista, insegnante, agitatore culturale e libero pensatore fu la dimostrazione dell’insussistenza di ogni barriera culturale e sociale.
Bernstein in West Side Story adopera con mano maestra materiale musicale proveniente dal jazz e dal folclore latino-americano in forme musicali complesse, non disdegnando né la melodia nelle rare oasi sentimentali (con omaggi all’amato Puccini e a Mahler nel sogno di un Somewhere di pace) né l’ironia satirica più graffiante, come negli sberleffi dei giovani delinquenti al sistema repressivo-giudiziario americano indirizzati al poliziotto (Officer Krupke).
La versione di Antonio Pappano
Tutte queste componenti apparentemente eterogenee hanno trovato in Antonio Pappano la guida sicura e il giusto rilievo; la sua natura direttoriale è molto vicina a quella interdisciplinare dell’autore di West Side Story. E non era certo facile rendere elastici gli archi in un organico dominato dagli ottoni e dalle percussioni, stante la continua sollecitazione di una ritmica vulcanica.
A maggior dimostrazione di quanto detto, Pappano ha alternato agli impegni romani la presenza a Londra, dove dirigeva nientemeno che la Tetralogia di Wagner.
La prima è stata un successo
Esito della serata trionfale. Pappano ovazionato, e i complessi ceciliani e gli spigliati solisti con lui.
Tra loro ha brillato la qualità di Nadine Sierra (Maria); quale, dotata di un timbro vocale fresco e agile, era perfettamente nel fisico del ruolo, stante le sue origini ispano-americano-lusitane. Un plauso collettivo agli altri interpreti che si sono mossi sul palcoscenico dell’Auditorium comodi come fossero a casa loro. Jeans e camicia bianca per la gang degli Americani, camice scure o colorate per i portoricani. Pappano, alla seconda serata, in t-shirt nera e sneakers. Viva la libertà.
Giovanni Gavazzeni