L’Olandese Volante: tripudio di consensi a Roma

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La Sala Santa Cecilia ha ospitato “L’Olandese Volante”, di Wagner. Sul podio, il finlandese Mikko Franck, una bacchetta dalle tinte romantiche

Der fliegende Holländer a Roma: Mikko Franck dirige Olandese Volante
Der fliegende Holländer (L’Olandese Volante) a Roma. Mikko Franck sul podio dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

È stata la prima esecuzione nella storia dei concerti di Santa Cecilia. L’Olandese Volante (Der fliegende Holländer), in forma di oratorio, si è così aggiunto agli altri titoli wagneriani che, nelle stagioni dell’Accademia, furono introdotti dal 1988, sempre in veste di concerto. L’esaltante finale, che nell’amore sacrificale celebra la redenzione del protagonista, induce negli spettatori un tripudio di consensi. In effetti, le tinte più romantiche vibrano con fervore nella concertazione di Mikko Franck.

Un commento sul podio…

Già la tempesta iniziale, nell’Ouverture, tuona e muggisce sotto la bacchetta del direttore finlandese. E traccia il solco di un suono icastico, che, con energia, tinteggia in varia misura il seguito della vicenda. Un’interpretazione magniloquente, nel filone di una storica tradizione mitteleuropea.

Però non è affiorato, nella conduzione di questo Olandese volante, il gusto delle letture più attuali, protese a delineare i chiaroscuri, e a illuminare i momenti più assorti o inquietanti.

… e sulle voci

Il cruciale monologo dell’Olandese si dispiega su un binario per lo più monocolore, che non delinea l’impenetrabile arcano che avviluppa il personaggio e chi lo circonda. E ciò pur nel premuroso impegno del baritono Iain Peterson, vocalmente irreprensibile.

Nei panni di Senta, il soprano Amber Wagner ha sorpreso per il vigore e la limpidezza di una vocalità generosa, che tiene impavidamente testa al suono orchestrale. L’interprete statunitense disegna appropriatamente l’evoluzione del personaggio che, nella sua passione amorosa e nella consapevole necessità del sacrificio estremo, via via si estranea dal contesto. Qualche eccesso di energia, nell’attacco delle prime frasi della ballata, avrebbe dovuto essere smussato dalla concertazione.

Magnifico il Daland di Matti Salminen, impeccabile nel tratteggiare sfumature e nuances del suo ruolo, con vocalità rotonda e pienamente timbrata. Erik era il tenore Robert Dean Smith; nella nostra replica appare un po’ sfocato nel secondo atto, mentre nell’ultimo riesce appassionato e convincente. Tuomas Katajala era l’altro tenore, il Timoniere, reso con impronta vivace e con sicura vocalità; il mezzosoprano Tiziana Pizzi ha dato rilievo alla nutrice Mary.

Orchestra e coro

Ottimi l’orchestra, impressionante per qualità e profondità di suono, e il coro. Quest’ultimo, preparato come sempre da Ciro Visco, è ammirevole per plasticità timbrica e flessibilità interpretativa. Dispiace soltanto che la concertazione di Mikko Franck non scandisca a dovere, nel finale, lo sconvolgente contrasto tra l’allegro coro dei marinai norvegesi, e il coro dei marinai olandesi sul vascello fantasma, che dovrebbe apparire agghiacciante nelle sue cupe tenebre.

Francesco A. Saponaro

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