Giovani compositori italiani
Vittorio Montalti, 34 anni, compone per il teatro con ironia e leggerezza. La sua prima opera è ispirata a un testo di Georges Perec. Ecco il ritratto del compositore, a cura di Paolo Petazzi
Tra le rare proposte di giovani compositori nei teatri italiani, anche l’atto unico Ehi Giò’ di Vittorio Montalti (Roma 1984); è stato rappresentato a Firenze nella nuova versione riveduta, due anni dopo la creazione al Lirico Sperimentale di Spoleto. Per il 2019 sono annunciati due nuovi atti unici, commissionati uno dall’Opera di Roma e uno dal Maggio Musicale Fiorentino.
Ancor prima di Ehi Gio’, elegante e non convenzionale omaggio a Rossini, l’interesse per il teatro di Montalti si era felicemente rivelato nel 2013 con la rappresentazione alla Biennale Musica di Venezia della sua prima opera. Si intitola L’arte e la maniera di affrontare il proprio capo per chiedergli un aumento; il testo era di Giuliano Compagno, con cui il compositore romano collabora costantemente.
L’arte di chiedere un aumento
Il titolo corrisponde letteralmente a quello francese di un testo di Georges Perec del 1968 che uscì postumo; ne era stata pubblicata nel 1981 una versione teatrale del 1970, L’augmentation. In un raffinato e complicato gioco letterario si prospettano le diverse situazioni in cui può trovarsi un impiegato che decide di andare dal capoufficio a chiedere un aumento. Perec le rappresenta tutte.
Il libretto non si fonda sulla versione teatrale, ma su quella precedente, e ne compie una necessaria semplificazione; ma rispetta l’idea centrale che aveva interessato il compositore, la struttura determinata dalla decisione di Perec di percorrere tutte le strade possibili.
Nella prima opera di Vittorio Montalti lo smarrimento dell’impiegato nel gioco delle possibilità si realizza efficacemente. È merito di una vocalità che spesso frammenta la parola o la riduce a un borbottio incomprensibile, e la pone in rapporto con una scrittura strumentale sottile e rarefatta, calcolata con rigore.
Ironia e leggerezza sono tra i punti di forza
Dal primo lavoro si afferma la vocazione di Montalti per un teatro astratto, lontano dal naturalismo e dalla narratività tradizionale. Si può intuire che la sua poetica non si rivolge solo al teatro.
Nella sua musica strumentale ci sono potenzialità “teatrali” per la forte evidenza con cui sono individuate le idee. L’autore stesso le paragona a personaggi e che danno vita talvolta a netti contrasti, spesso in un contesto in cui non mancano, accanto a definizioni di profilata asprezza, la leggerezza e l’ironia.
Le regole del gioco
Lavorare su Perec ha portato Montalti a riflettere sul vincolarsi a delle regole come potenziale motore creativo. Per Perec e per gli altri dell’Oulipo, gruppo di letterati e matematici francesi fondato nel 1960, «colui che scrive seguendo una serie di regole che conosce, è molto più libero di chi scrive senza regole obbedendo comunque a delle regole che ignora» (Montalti). Si scopre una vicinanza ideale a Franco Donatoni (di cui Montalti non è stato allievo; ne ha conosciuto poetica e metodi compositivi e didattici a Milano, con Alessandro Solbiati, che con Donatoni aveva studiato).
Una suggestione da Perec si ritrova nel titolo di un lavoro del 2013, Tentative d’épuisement per ensemble ed elettronica. Allude alla varietà di situazioni musicali tra loro indipendenti di un pezzo che inizia in modo violento, si apre a molteplici, variegate suggestioni e nell’episodio conclusivo evoca un rapido meccanismo.
di Paolo Petazzi