Violetta Valery secondo Simon Stone: una influencer

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Che cosa fa Violetta Valery nel 2019? L’influencer. Ha un profilo su Instagram, decine di migliaia di followers, detta mode e stili di vita, presta il suo nome a una marca di profumo.

Nel nuovo allestimento di “La traviata”, che ha debuttato ieri sera all’Opéra Garnier di Parigi, il regista Simon Stone ci racconta tutto questo fin dal Preludio, bombardandoci di immagini che mostrano il mondo di Violetta e il suo, “folleggiare”. Le serate, gli amici, i selfie, le feste, i cocktails, le schermate con le chat, i cuoricini dei like che aumentano vertiginosamente.

Ma ecco che fra le schermate della chat appare anche quella di uno studio medico. Ci contatti, per favore. È urgente. Chiami. Fino a quando non ci appare la lettera del medico con due righe che mettono i brividi: il suo cancro ha avuto una recidiva. Lei se ne accorge? Sì, no, forse.

Violetta Valery secondo Simone Stone

Tutto lo spettacolo di Stone è un traboccare di vita intrisa di morte. A ogni brindisi, a ogni inneggiare alla vita sembra fare da sottofondo la memorabile frase di Joseph Roth in “La cripta dei Cappuccini”: “Sopra i calici dai quali noi bevevamo, la morte invisibile incrociava già le sue mani ossute”.

Così di questo spettacolo, più che i momenti di festa restano in testa e negli occhi i momenti in cui la pedana  girevole (con qualche fastidioso scricchiolio di troppo)  sulla quale si svolge lo spettacolo ci porta  dai saloni delle feste agli angoli squallidi dove si butta la spazzatura, i cassonetti traboccano di rifiuti e gli aiutanti di cucina vanno a fumarsi una sigaretta o a smanettare sul cellulare.

Alfredo canta “Un dì felice eterea” seduto in mezzo ai bidoni della spazzatura e nella sua aria del primo atto Violetta è “sempre libera” anche di andare a gorgheggiare davanti a un chiosco di kebab con l’insegna Paristanbul.

Una festa senza sorrisi

E che cosa fanno Violetta e Alfredo quando vanno a vivere in campagna? Lui pesta l’uva con i piedi nella tinozza e lei munge il latte da una mucca vera (placida, scodinzolante e soprattutto senza il mal di pancia).

Anche la festa a casa di Flora diventa una festicciola di debosciati un po’ annoiati, dove non destano scandalo ma solo risatine due falli di gomma che stanno dove non dovrebbero stare. Fanno festa, ma è un festeggiare senza sorrisi.

Inevitabile, nell’ultimo atto, trovare Violetta insieme ad altri malati di cancro in un reparto oncologico. Lei e gli altri pazienti stanno esausti sulle poltroncine, con l’ago nel braccio e la sacca appesa per la chemioterapia. Ma Violetta  la vedremo ancora alzarsi, peregrinare nei luoghi della sua vita di perdizione, prima di morire in piedi, varcando una porta, voltandoci le spalle, circondata da fumo bianco, quasi come un Don Giovanni a fine corsa.

Una serata trionfale per Pretty Yende

Nessun scandalo, standing ovation fin dai primi secondi dopo la chiusura del sipario, con sventolio della bandiera sudafricana nelle prime file in onore di Pretty Yende, davvero strepitosa. Qualche isolato “buu” per Stone, ma si può parlare di serata trionfale. Raggiante Michele Mariotti (“Ho fatto una nuova Traviata, come volevo”).

Alla fine champagne per tutti nei saloni affrescati dell’Opéra Garnier. Ludovic Tézier, splendido Germont (fra i migliori mai visti, una lezione di garbo e di stile) festeggia anche con il figlio, ancora bambino.

Mi avvicino a Tézier per fargli i complimenti e mi risponde con una frase da incorniciare: “Grazie, ma la musica ce l’ha messa Verdi e la voce me l’ha data la mia mamma, io non ho fatto niente”. Classe.

 

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