Unsuk Chin: "La mia musica onirica"

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Debussy, Stravinskij, Ligeti e il gamelan giavanese. Unsuk Chin, composer in residence ospite della Fondazione Spinola Banna per l’Arte. Ecco la sua musica

Unsuk Chin

Come compositrice non ama essere considerata “coreana”, anche se è nata a Seul nel 1961. Si sente libera da radici Unsuk Chin, che vive a Berlino dal 1988. Sarà in Italia in maggio, ospite della Fondazione Spinola Banna per l’Arte nel Progetto Musica del 2018 dedicato a lei (e a due giovani da lei scelti).

Unsuk Chin cita come padri spirituali Debussy, Stravinsky e Ligeti; della musica orientale ama soprattutto il gamelan giavanese. Una formazione europea le aveva dato all’Università di Seul Sukhi Kang, che aveva studiato in Germania con Isang Yun (un coreano che, come oggi Chin, era inserito nella vita musicale tedesca). Alle esperienze della nuova musica europea si legano i primi lavori che le avevano valso riconoscimenti internazionali.

La lezione di Ligeti

Fu poi decisivo il periodo di studio con Ligeti ad Amburgo dal 1985 al 1988. Ligeti la invitò a buttar via tutto ciò che aveva fatto perché non vi si riconosceva la sua personalità, stimolando una riflessione che la portò al silenzio fino al 1989.

La lezione di Ligeti si può avvertire direttamente, ad esempio in alcuni studi pianistici che sembrano un omaggio a lui. Ma fu determinante soprattutto come lezione di libertà, come stimolo che spinse Unsuk Chin a spaziare tra esperienze diverse, con una scrittura sempre personale e accuratissima. Sarebbero piaciuti a Ligeti gli aspetti ludici, giocosi, ironici o inquieti della poetica della compositrice.

Tra giochi di parole e nonsense

Ad esempio la sua predilezione per i giochi di parole, che ci riconduce al titolo del pezzo che si ascolterà a Banna, Akrostichon- Wortspiel (1991/93) per soprano e ensemble, che nel 1994 le diede fama internazionale. Nel testo cantato l’autrice gioca con le parole riducendole a frammenti sonori; l’idea del “gioco di parole”, con l’ironia e la libertà musicale che comporta, è spesso presente in Chin.

Di Cantatrix Sopranica (2004-5, dove il titolo viene da Perec) scrisse che non la attirano i testi con contenuti concreti.
«Il pregio del carattere combinatorio della poesia sperimentale ai miei occhi (e per le mie orecchie) non è solo la mancanza di significato concreto e di ‘messaggi’, ma soprattutto la sua vicinanza ai procedimenti compositivi”».

Non sorprende che, come Ligeti, anche Unsuk Chin ami Lewis Carroll. La sua (finora) unica opera teatrale, Alice nel paese delle meraviglie (composta tra il 2004 e il 2007, diretta da Kent Nagano a Monaco nel 2007), privilegia proprio gli aspetti paradossali della vicenda e del linguaggio, il carattere di nonsense dei versi e della storia stessa, che Chin insieme a David Henri Hwang narra nel libretto come una successione di sogni, e che offre all’invenzione musicale occasioni e stimoli innumerevoli.

Sogni e visioni

Caratteri onirici si trovano non solo nelle vicende di Alice, ma in molti titoli di pezzi di Unsuk Chin. Cita i sogni anche parlando di uno degli aspetti universalmente ammirati nella sua musica, il magistero nell’evocazione di luci e colori (un aspetto “orientale”?).

«Cerco di riprodurre nella mia musica le visioni di luci accecanti e di incredibili e splendide iridescenze dei miei sogni. Un gioco di chiaroscuro e di colori che fluttua nel pezzo, formando una scultura sonora fluida. La sua bellezza è astratta e lontana…».

di Paolo Petazzi

musicaoggi@belviveremedia.com

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