Scoccano i due secoli e mezzo dalla scomparsa di Nicola Porpora. Sarà colta l’occasione per rivalutare un grande compositore?
Scoperta non tanti anni fa; registrata nell’estate del 2016 con una compagnia di canto di tutto rispetto; pubblicata da Decca a inizio 2018, la partitura del dramma per musica in tre atti su libretto di Nicola Coluzzi Germanico in Germania sembra proprio proporsi come vessillo dell’attesa riscoperta globale di Nicola Antonio Porpora (Napoli 1686- 1768), da avverarsi in concomitanza con i 250 anni dalla morte del compositore.
Non che la conoscenza del nome di Porpora non sia diffusa, tutt’altro. Ma lo è non tanto in relazione alla musica del maestro, quanto più per i collegamenti con altri fattori di varia natura. Porpora fu insegnante di uno dei quattro grandi Ospedali musicali di Venezia. Fu acerrimo competitor di Händel sui palcoscenici di Londra, e via di seguito. Tanto è vero che la sopracitata produzione discografica è l’unica per ora che propone un’opera del compositore in versione integrale (più di tre ore e mezza di musica).
La riscoperta: realtà o illusione?
L’esperienza ci dice che le “riscoperte” che dopo la fiammata iniziale durano e si irrobustiscono sono da dimenticare. Data l’incertezza economica globale del mondo della classica, e l’attuale criminosa mentalità di accostarsi alla musica per evento (bruttissima parola), e non per il valore del costrutto.
Ma non costa nulla illudersi. Ben venga allora questo Germanico in Germania diretto da Jan Tomasz Adamus sul podio della fin troppo esuberante Capella Cracoviensis. Il maestro guida una compagnia di canto, capitanata dalla star Max Emanuel Cencic, che ha il gran merito di mettere in risalto – seppur con una dizione dell’italiano alquanto deludente – tutte le raffinatezze e le micro-finezze della pirotecnica vocalità di Porpora. E si capisce allora perché Händel temesse oltremodo l’italiano.
La vita di Nicola Porpora
Porpora era nato a Napoli, il 17 agosto 1686 (solo un anno dopo il Sassone). Studiò al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo. La sua prima opera fu un’Agrippina, rappresentata alla corte della città nel 1708. Dal 1715 al 1721 fu maestro di cappella al Conservatorio di Sant’Onofrio.
Furono questi gli anni in cui si costruì una solida reputazione di compositore e di severissimo maestro di canto. Era capace di spremere il massimo dai giovani talenti vocali con un giornaliero programma di studio da far rizzare i capelli in testa. Basti dire, che i suoi più famosi pupilli furono Farinelli e Caffarelli.
Poi fu la volta di Venezia: dove, dal 1726 al 1733, insegnò all’Ospedale degli Incurabili. Proprio in quegli anni allestì Germanico in Germania, al Teatro Capranica di Roma, il 21 febbraio 1732. Al tempo, secondo un’ordinanza papale, le opere dovevano essere eseguite solo con l’ausilio di voci maschili: nel caso dei ruoli femminili, en travesti (spesso giovani cantanti a inizio carriera).
La tragica fine
Quindi passò a Londra, dove lavorò per l’Opera of the Nobility, compagnia rivale di quella di Händel (Royal Academy). Nel 1748 divenne Kapellmeister a Dresda, poi si trasferì a Vienna, dove ebbe Haydn come allievo. Quando per la sconfitta della Sassonia nella Guerra dei Sette Anni perdette la pensione, apparve al Metastasio «ridotto alla positiva mancanza del pane quotidiano».
Tornato a Napoli, il successo non gli arrise. Non ritenne conveniente il posto di maestro straordinario al Conservatorio di Santa Maria di Loreto pronto per lui sin dal 1738; accettò di succedere a Girolamo Abos nella carica di primo maestro al Conservatorio di Sant’Onofrio. Dimessosi nel settembre 1761, visse in uno stato di estrema indigenza. Morì di pleurite.
di Massimo Rolando Zegna