Una sera con Freddy Kempf

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Ospite delle Serate Musicali dal 1998, lo stesso anno in cui vinse il Terzo Premio al Concorso ÄŒajkovskij che diede inizio alla sua carriera internazionale, Freddy Kempf è considerato oggi uno dei pianisti di maggior successo con un repertorio sorprendentemente ampio. Oltre a suonare come solista e direttore con orchestre quali la Royal Philharmonic Orchestra, la Filarmonica di San Pietroburgo e la Kyusyu Symphony Orchestra, Kempf si dedica a recital pianistici e tournées, riempiendo sale da concerto in tutto il mondo.

Lunedì 27 marzo è stata la Sala Verdi del Conservatorio di Milano ad accoglierlo per un concerto della serie “Festival omaggio a Milano”. Ad aprire la serata la Sonata in re minore op. 31 Nr. 2 di L. V. Beethoven “La Tempesta”, in Italia conosciuta anche sotto il titolo di “La Tragica”. Con un’energia impetuosa e un gesto capace di passare da “forti” e tessiture dense a un canto melodico e momenti di sospensione lirica (come gli arpeggi dei recitativi nel primo movimento), Kempf ha offerto al pubblico un’interpretazione in alcuni momenti forse troppo “sforzata” in termini di timbro, ma in grado di comunicare i contrasti e i turbamenti del Beethoven del 1802 (anno del “Testamento di Heiligenstadt”). Dal veloce Allegretto dell’ultimo movimento della “Tempesta” all’Allegro pieno di arpeggi, staccati, sovrapposizioni ritmiche e accordi in bilico tra tardo romanticismo e ’900: Con la Sonata Nr. 1 op. 1 in fa minore di Prokof’ev il pianista inglese ha esibito in sorprendente velocità le sue doti tecniche ed espressive, riempiendo la sala di un suono ben diverso dal precedente Beethoven.

Ma è con Schumann che dopo l’intervallo Freddy Kempf sembra immergersi completamente nel proprio territorio. Le “Novelletten” op.21, otto pezzi per pianoforte composti nel 1838 da un Robert Schumann ciecamente innamorato di Clara Wieck, rappresentano “lunghe storie eccentriche” in cui si susseguono scene di festa, danze e marce a intermezzi e momenti lirici. Dimostrando un grande controllo del suono e una concentrazione ferrea sull’idea musicale, Kempf ha guidato gli ascoltatori nel mondo di Schumann, Florestano ed Eusebio, passando in modo impercettibile da un carattere all’altro: Dalla “forza” della prima novelletta (Markiert und kräftig) e la “bravura” della seconda (Äusserst rasch und mit Bravour) alla tenerezza dell’Intermezzo di quest’ultima (Etwas langsamer, durchaus zart); dall’ironia della terza (Leicht und mit Humor) ai festeggiamenti della quarta e della quinta; dalla vivacità e virtuosità delle ultime tre novellette alla dolcezza della “voce da lontano” (Stimme aus der Ferne) che entra in scena nel secondo Trio dell’ottava novelletta per essere sviluppata verso la fine. Curando i singoli motivi e allo stesso tempo abbandonandosi all’espressione e all’ironia schumanniana, Kempf ha saputo catturare il pubblico per l’intera durata dell’opera, facendolo viaggiare tra le diverse scene di quello che potrebbe sembrare un sogno. Per finire, come bis un Valzer di Chopin, quasi a voler ricordare che chi introdusse il pianista polacco con le parole “Giù il cappello, signori, un genio!” fu proprio il coetaneo Schumann.

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