«Tutte le mattine del mondo sono senza ritorno»: è questa la conclusione a cui giunge l’ormai maturo, potente e disilluso Marin Marais, compositore e violista del re di Francia, ricordando l’incontro con il suo mentore, il misterioso Monsieur de Sainte-Colombe, nel romanzo “Tous le Matins du monde” di Pascal Quignard e nel successivo, magnifico film di Alain Corneau (1991).
Le contrastanti atmosfere della tardo-seicentesche della vicenda, dall’austerità della dimora dell’ugonotto gambista allo sfarzo della corte del Re Sole, sono state suggestivamente ricreate nell’atteso concerto del 13 febbraio 2018, presso il Conservatorio di Milano e nell’ambito della stagione della Società del Quartetto di Milano, grazie al formidabile ensemble Le Concert des Nations, diretto dal violista catalano Jordi Savall.
Dopo l’esecuzione, ad apertura della serata, della suite dalla comédie-ballett di Molière e Lully Le Bourgeois gentilhomme (1670), per la piccola formazione al completo (il violino di Manfredo Kraemer, il flauto di Charles Zebley, la chitarra barocca di Xavier Diaz-Latorre, le due viole da gamba, e il cembalo di Luca Guglielmi) e introdotta dalla pomposa Marche pour la Cérémonie de Turcs, lo stesso Savall e Philippe Pierlot hanno eseguito il Concert XLIV à deux violes esgales, che ha fatto da pendant al Tombeau “Les Regrets”, ovvero il Concert XLIV da cui emerge il lancinante Les Pleurs, dello stesso Monsieur de Sainte Colombe. Sono affiorati così i mesti chiaroscuri, le lacerazioni dei colori e degli affetti di una musica che sembra cogliere l’incanto di un’atmosfera perduta, la nostalgia di Marais per il e il senso della vanitas; una musica che la sensibilità e la cura filologica di Savall, che collaborò alla realizzazione della colonna sonora del film di Corneau, ha contribuito a riscoprire.
La stessa ispirazione elegiaca e funebre è tornata, infatti, anche nelle opere del discepolo Marin Maris, come le Pièces de viole dal secondo e dal terzo libro, in particolare nel dolente Les voix humaines, accanto all’ossessività dei bassi ostinati come quelli della Follia (Couplets de Folies, sempre dal Pièces de Viole du 2e livre) e della ben nota Sonnerie de Ste. Geneviève du Mont-de-Paris.
Accanto al gusto tutto francese che emerge dalle Trois Fantaisies sul tema della dolcissima melodia popolare Une jeune fillette di Eustache Du Caurroy, l’ensemble al completo ha proposto anche la straordinaria commistione di stili, francese e italiano, dei Concerts royaux di François Couperin della più tarda Sonate VIII à trois op. 2 n. 8 di Jean-Marie Leclair, per poi terminare con due impetuosi bis: la Bourée d’Avignonez (dalla Recueil de plusieurs vieux airs di André Danican Philidor, detto anche Philidor il Vecchio), suonata alla nascita di Luigi XIII e il dinamico Tambourins dalle Indes Galantes di Jean-Philippe Rameau.
Ne è scaturito un indimenticabile concerto, in cui la vivacità e l’intimità degli “affetti” (forse poco adatto alla grande sala Giuseppe Verdi del conservatorio) del raffinato repertorio barocco francese hanno trovato, ancora una volta, in Savall e nel Concert des Nations i naturali, inarrivabili interpreti.