Teodor Currentzis, fuoco greco

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Cronaca minima

L’esecuzione-spettacolo di Teodor Currentzis ha lasciato un segno indelebile alla Scala. Il direttore greco sa infiammare il pubblico

Entra nel cosiddetto tempio del Piermarini (il Teatro alla Scala) in “rubasca” alla Tolstoj (color nero Rasputin) e pantacollant grigi. Capelli rasoiati e ciuffone centrale. Dirige senza bacchetta. Mani enormi vorticano nell’alto, ora svolazzando come farfalle, ora cadendo come lame. Dopo gli attacchi si raggomitola come un rapace per avventarsi sui giovani musicisti che vuole tutti in piedi intorno a sé. A Roma potrebbero gridare al direttore greco Teodor Currentzis: «A fanatico!».

Il primo impatto con l’educato pubblico meneghino della Filarmonica della Scala che ospita Currentzis e l’Orchestra MusicaAeterna è un po’ imbarazzato. Il Terzo concerto per pianoforte di Beethoven è a ranghi ridottissimi, perché c’è il forte-piano, l’antenato del pianoforte che sussurra con la sua raucedine ferrosa. Nella fila dietro alcuni non giovani dicono: «Non si sente». Hanno ragione.

Pianissimo, fortissimo

Un pianissimo così, come quello con cui comincia il tempo centrale, non lo hanno mai sentito. Viene dall’oltretomba, ma non per questo necessità di apparecchi acustici. Uscito il forte-piano musicisti tutti in piedi per l’ouverture delle Nozze di Figaro: la sintesi della folle giornata di Beaumarchais. La piccionaia della Scala s’infiamma.

Il bis, concesso a tamburo battente, raddoppia il fulmicotone precedente. Tempi pazzeschi. Ma non si perde una nota, un accento, un colorito. Poi la Settima sinfonia di Beethoven. Teodor Currentzis scatena i suoi con la sovranità del Re Sole fra i suoi ballerini. Con il primo violino duetta quasi in pas des deux. Alla fine il teatro è in delirio. La “Spalla” si prende un’ovazione come fosse un solista. L’adrenalina rimane addosso. Quasi da domandarsi se davvero sia stato possibile sentir suonare così: senza vibrato, senza retorica. Il fuoco greco brucia addosso e non si spegne.

Giovanni Gavazzeni

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