Un altro grande direttore russo è saluto sul podio del Settembre dell’Accademia Filarmonica di Verona. Semyon Bychkov è stato infatti il protagonista del concerto di domenica 17 novembre, che l’ha visto dirigere l’Orchestra Sinfonia Nazionale della Rai con Kiril Gerstein al pianoforte.
Incentratoo sul grande repertorio russo, il programma ha visto il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 op. 18 di Rachmaninov essere seguito dalla Sinfonia n. 4 op. 36 di Čajkovskij. Il confronto su questo frequente repertorio è complesso, ma Gerstein è riuscito a donare un’interpretazione originale del celebre Secondo Concerto di Rachmaninov. Molto ben riusciti sono infatti stati i fraseggi dei singoli elementi, capaci di grandi parabole di tensione, così come interessante è stato il suono scelto per il Concerto, teso, nervoso e drammatico. Un eccessivo blocco unitario della mano e una certa rigidità ne hanno purtroppo indebolito l’aspetto polifonico, nonostante siano stati ben curati gli equilibri fra canto e accompagnamento, oltre una povertà timbrica che soprattutto nei passaggi più statici o d’effetto si faceva notare. Molto buoni i rubati espressivi e veramente notevole l’attenzione all’orchestra, con la quale il pianista è riuscito a intrattenere un costante dialogo anche grazie al suono sempre chiaro, magari non ampio e imponente, ma diretto e preciso. Le numerose ondate espressive del concerto sono state parzialmente assorbite, rendendo i celebri “punti” rachmaninoviani come degli improvvisi scarti emotivi più che come lunghe costruzioni di climax: una scelta particolare che ha evidenziato la chiarezza formale del Concerto. Come bis, Gerstein ha poi offerto la bella Melodie op. 3 n. 3 di Rachmaninov.
La Sinfonia n. 4, in seconda parte, è stata resa con buona cura da parte dell’Orchestra della Rai, ma senza particolare intenzione. Una certa omogeneità, presente anche nel gesto di Bychkov, ne smorzava a tratti i contrasti espressivi, prediligendo la chiarezza formale e l’equilibrio sonoro a scapito del carattere più drammatico e intenso. Ristabilitisi parzialmente dalle imprecisioni del Concerto di Rachmaninov, gli ottoni hanno dato una prova migliore, ma non sempre solida per intonazione. Migliore la resa dei legni e degli archi, fra i quali si sono distinti soprattutto fagotti e viole. Buono il solo iniziale dell’Andantino in modo di canzona dell’oboe, dall’ottimo fraseggio. Il fraseggio era forse il tratto più interessante dell’intera Sinfonia e quello nel quale l’orchestra torinese ha meglio seguito lo splendido gesto di Bychkov, che dirigeva a memoria. Non sempre infatti la compagine orchestrale rispondeva bene alle richieste del suo direttore, sia quando chiedeva più dinamiche, che quando cercava una maggiore varietà timbrica.
Una certa staticità ha inoltre caratterizzato la sua interpretazione e spesso senza direzione sono apparse le numerose ripetizioni di incisi tipiche della scrittura čajkovskiana. Molto ben riusciti sono stati terzo e quarto movimento, soprattutto quando emergeva il carattere più leggero e rappresentativo di questa Sinfonia (quasi musica da balletto, l’ebbe a definire Taneev) e nell’esplosivo Finale, il movimento più entusiasmante della serata. Tecnicamente eccellente, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ha qui potuto sfoderare la propria intrinseca brillantezza e, proseguendo dalla sincera freschezza dello Scherzo, ha confermato la propria vitalità fin dal roboante inizio del Finale. Pochi autori sanno terminare con l’efficacia di Čajkovskij e Bychkov ha reso magnificamente l’afflato eroico che permea il quarto movimento e vince il drammatico ritorno dell’inciso iniziale del primo. L’energia di questo Allegro con fuoco ha coinvolto con effiacia il pubblico che ha chiesto un bis anche all’orchestra, com’è tradizione per il Settembre, la quale ha risposto con un meraviglioso Nimrod dalle Variazioni Enigma di Elgar, nel quale Bychkov stesso si è concesso di perdersi nelle morbide linee degli archi.
Immagine di copertina: Kirill Gerstein