SatiePandémie: Buon compleanno Erik! E Vexations diventa un rito collettivo

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In epoca di pandemie, ci sono anche entusiasmi “virali” da cui ci si lascia contagiare volentieri. Come quello che ha spinto il Teatro Miela, ente di interesse regionale con sede a Trieste, e il comitato artistico composto da Eleonora Cedaro (curatrice), Sara CoduttiAnna D’Errico e Veniero Rizzardi a celebrare in modo del tutto singolare il 154° genetliaco di Erik Satie, attraverso l’evento SatiePandémie: una performance collettiva – rigorosamente in streaming – di Vexations, una delle composizioni più lunghe – ma anche paradossali, umoristiche ed irriverenti – della storia della musica. La diretta avrà luogo a partire dalle  00.01 di domenica 17 maggio, giorno in cui si festeggia il compleanno del compositore che «nacque troppo giovane in un’epoca troppo vecchia». La manifestazione ha finora raccolto un centinaio di adesioni da parte di pianisti professionisti da tutto il mondo, che si alterneranno nella lunga performance. Sulla piattaforma dedicata,è possibile scorrere l’elenco dei performer finora “contagiati dalla satiemania”, azionando un apposito virus rotante.

Come noto, l’ossessione che portò Satie a scrivere questa celebre (e ridondante) opera, di soli 13 accordi su basso dato per una durata fino a 20 ore, derivò con ogni probabilità da una delusione amorosa: la breve liaison con la pittrice e artista Suzanne Valadon – affettuosamente “Biqui” – consumatasi, nelle parole dello stesso Satie, dal «14 gennaio dell’anno di grazia del 1893, che era sabato» a «martedì 20 giugno dello stesso anno» (nella foto, Una Romanza, dipinto del pittore catalano Santiago Rusiñol che li ritrae insieme nel 1894).

Non a caso, il motto musicale che accompagna un piccolo bozzetto su carta pentagrammata della Valadon, a firma dello stesso Satie, è armonizzato con tre accordi, l’ultimo dei quali è anche l’incipit di Vexations, che fu per l’appunto scritto lo stesso anno. Come possa un componimento così breve “vessare” l’ascoltatore così a lungo è presto chiarito, e segnatamente dallo stesso Satie nella nota performativa in incipit: «Per suonare questo motivo 840 volte di seguito, sarà bene prepararsi in anticipo, e nel più grande silenzio, con grave compostezza».

Dunque, a rigore, l’ironica didascalia non è prescrittiva in senso stretto (la ripetizione non è imposta dal compositore), ma richiede una certa complicità di intenti all’interprete (verosimilmente: agli interpreti) che si accingeranno ad eseguire il brano, facendo trapelare atteggiamenti moderni, tipicamente à la Satie: oltre al nonsense (dadaista ante litteram), il carattere “aperto” dell’opera, il silenzio come elemento generatore, l’attenzione all’aspetto “visivo” della performance (l’«immobilité sérieuse» che precede l’esecuzione ha evidentemente un ruolo chiave per il compositore) e l’apparente nonchalance verso gli ascoltatori.

«Apparente» in quanto, tra le molteplici e bizzarre interpretazioni dell’enigma, vi è anche la possibilità di scorgere, nelle 840 ossessive ripetizioni, un vero e proprio mantra contro ogni vessazione, del compositore di allora, ma anche degli ascoltatori di oggi: un rito apotropaico, una formula magica che attraverso la reiterazione vuole raggiungere una sensazione liberatoria.

Del resto, l’intento programmatico di questa “vessazione collettiva” «non è cosmetica né consolatoria. Non è un festival né un concerto perché non c’è nulla che possa sostituire la cultura viva. Festeggiamo Erik Satie per ricordare che abbiamo disperato bisogno di trovare il modo di riaprire i teatri, di suonare e ascoltare la musica dal vivo. Abbiamo bisogno degli artisti, dei musicisti, degli operatori e delle maestranze. Abbiamo bisogno dell’arte viva che è l’antidoto alle peggiori malattie. Abbiamo bisogno dell’inutile indispensabile».

Info: buoncompleannosatie.it

Silvia Del Zoppo

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