Sabine Meyer e Alliage Quintett: concerto “da favola” a Udine

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Un ensemble di artisti superlativi, tanto per il personale carattere interpretativo di ognuno, quanto per la raffinata capacità d’intesa, senza distinzioni, tra tutti gli elementi della formazione. Loro sono gli Alliage Quintett (Daniel Gautier, Miguek Vallés Mateu, Simon Hanrath, Sebastian Pottmeier, Jan Eun Bae), quattro sassofonisti e una pianista che si sono esibiti tra grandi apprezzamenti al Teatro Palamostre di Udine, per una data speciale organizzata dalla Fondazione Luigi Bon di Colugna, omaggio e ricordo al cultore di musica Ferdinando Rossett.

Ospite d’onore l’Atena del clarinetto, Sabine Meyer, ritornata in Friuli dopo dieci anni dal suo ultimo concerto udinese, con un programma cameristico in ensemble che ha spaziato dal tardo Seicento al Novecento in maniera originale ed efficace.

A sorprendere non è stato solo l’interplay tra i musicisti, solisti tutti dalle brillanti carriere, ma nell’effetto del suono d’insieme, in una gamma di estensioni e timbri d’ancia semplice (sassofono soprano, contralto, tenore e baritono), nell’amalgama del pianoforte e nelle condotte d’impareggiabile tocco della solista tedesca. Per niente “primadonna”, tutt’altro: affabile, generosa e divertita insieme a tutta la formazione con un programma “da favola”.  Nel senso proprio della parola, con brani tutti legati al mondo della fantasia, della magia, della sorpresa, per meraviglie di altissimo livello espresse oltretutto dalle trascrizioni, vere e proprie riscritture di raffinatissima fattura, che nulla hanno da togliere agli originali pur la dovuta sintesi organica, aggiungendo piuttosto a questi capolavori un’impronta desueta e di grande effetto.

Dai cinque temi di “The Fairy Queen Suite” di Henry Purcell riarrangiati dall’Alliage Quintett, alle caleidoscopiche e trasformiste “Danze polovesiane” da “Il principe Igor” di Borodin riviste da Gassot e Pépin, il concerto è stato un intenso susseguirsi di sogni sonori, nelle trame piene di effetto e resa degli strumenti. Simpaticissima, e non meno impegnativa, la nuova veste de “L’apprendista stregone” di Šostakovič, nella trascrizione trasfigurata di Levon Atovmian.

Altrettanto per “Scaramouche” di Milhaud, i cui tempi sono stati eseguiti in trio variabile, alternando sax tenore e baritono, clarinetto e sax soprano, con sempre garantita la presenza del pianoforte e un feeling d’assieme mirabile, virtuosissimo, perfetto. Straordinaria l’incontenibile “Brazileira” in tempo di samba a chiudere un trittico francese tra jazz e avanguardia. Trii variabili anche nel secondo tempo, con tre dei “Cinque pezzi per due violini e pianoforte” sempre di Šostakovič, con soluzioni particolarmente efficaci soprattutto nel “Walzer” e nella “Polka”.

Cuore del concerto, nell’arrangiamento firmato da Sebastian Gottschick, “L’uccello di fuoco” di Stravinskij, eseguito alla fine del primo tempo. Una riscrittura eccellente, in grado di mantenere il carattere dell’originale e l’aria sinfonica pur la strumentazione insolita, sfruttando come in una miniatura tutti gli spazi e le possibilità di colore, movimento e proporzione attraverso strumenti parenti. Un carnevale di colori, effetti e impasti timbrici, sviluppi particolarmente arditi nelle compiute intese di un sestetto empatico e superlativo. Brillante anche il bis: “America” da “West side story” di Leonard Bernstein. Un concerto applauditissimo per una serata magica, con esibizioni impeccabili di un programma raccolto nel titolo “Fantasia” e pubblicato, con interpreti gli stessi Alliage Quintett e Sabine Meyer, nel 2015 da Sony Classic.

Immagine di copertina Ph. Glauco Comoretto

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