Una serata di inattesa bellezza: il concerto del Quartetto Michelangelo, con l’aggiunta nella prima parte del violista Hartmut Rohde e, nella seconda, del pianista Pavel Gililov, ha radunato un pubblico numeroso e attento, che nonostante il giorno feriale ha partecipato con entusiasmo.
La serata fa parte de “Le Notti musicali”, festival che vedi i docenti dell’Accademia internazionale di musica, in pieno svolgimento, esibirsi presso l’Auditorium del Conservatorio G.P. da Palestrina, partner della manifestazione. Ormai da diciassette anni, infatti, nell’ultimo scorcio d’estate Cagliari diventa sede di corsi di perfezionamento e masterclass, in un’attività che ha per scopo sia quello di aiutare le giovani promesse sarde, spesso penalizzate dall’insularità, tramite docenti di chiara fama internazionale, sia di compiere il processo inverso, ossia richiamare talenti da tutto il mondo per un interscambio di esperienze e cultura; vocazione cosmopolita ufficialmente riconosciuta anche dall’UNESCO.
Nello spettacolo del 30 agosto, il secondo di un ciclo di tre (l’ultimo il 31 agosto, mentre i primi due giorni di settembre saranno dedicati agli alunni più meritevoli) si sono quindi esibiti il violoncellista Frans Helmerson, i violinisti Mihaela Martin e Daniil Austrich e la violista Nobuko Imai: musicisti dalla carriera solistica in continua ascesa che, oltre a divulgare il loro sapere tramite l’insegnamento, si sono riuniti nel 2002 in un quartetto d’archi di altissimo livello. In programma, nella prima parte della serata, il Quintetto n. 4 K 516 di Wolfgang Amadeus Mozart, con l’ausilio di Rohde nella parte della prima viola. E, in un’esecuzione equilibrata dalla quale la drammaticità traspariva in controluce, come un presagio, i momenti più intensi sono stati proprio quelli che hanno visto come protagonisti la Martin e Rohde, interpreti perfetti di quel “dialogo fra strumenti” così importante per il compositore austriaco. Interessante soprattutto la resa della parte violistica, solitamente vista come un riempitivo e invece qua assunta al rango di protagonista.
Nella seconda parte si è stati catapultati in piena tempesta romantica, con il Quintetto per pianoforte e archi Op. 3 di Johannes Brahms: e qui Giliov al pianoforte l’ha fatta da padrone, suonando con la maestria che solo l’esperienza può dare. Forse a tratti questa evidente predominanza ha intaccato la dimensione cameristica del tutto, con lievi scivolamenti ritmici da parte degli archi, subito risolti: il fugato di linee dapprima leggere e perfettamente complementari, poi incalzanti e irruente dell’ultimo movimento ha fatto tuttavia dissipare ogni dubbio negli ascoltatori, portando un momento di rara bellezza.