Cosa accade quando musica e poesia si incontrano sul grande schermo? Perdersi tra le immagini de “Il postino” di Massimo Troisi e Michael Radford è una delle idee migliori per trovare una risposta.
L’ultimo film di Troisi, custodisce infatti già nella sua idea originale un nucleo poetico non trascurabile: la storia arriva dalle pagine de “Il postino di Neruda” (titolo originale “Ardiente Paciencia”), romanzo di Antonio Skàrmeta. E non è tanto l’arte del grande letterato cileno a essere protagonista, quanto piuttosto la poesia dell’animo di Mario, personaggio principale e interpretato da Troisi stesso, di coloro che stanno lui accanto, dell’ambiente intorno, sottolineato nei minimi dettagli, della coralità di una cultura che fa da sfondo all’esilio del poeta, trasformandolo in un’esperienza di vita eccezionale.
A conferire una dimensione ancora più eterea allo scenario, contribuisce la colonna sonora di Luis Bakalov che, con questo film, colleziona Oscar, Bafta e Nastro D’Argento. Il compositore argentino non è nuovo nel comporre melodie per grandi maestri del cinema: ha infatti collaborato, per citarne solo alcuni, con Eduardo De Filippo, Lucio Fulci, Lina Wertmüller, Federico Fellini ed Elio Petri, le sue musiche di “Django” di Sergio Corbucci, sono tornate nel remake firmato da Quentin Tarantino.
Per questo lungometraggio, il tema principale del film è interamente dedicato al protagonista. Il brano “Il postino” è una melodia dove la linea di pianoforte e bandoneon si intreccia ad archi e clarinetto, raggiungendo punti a dir poco celestiali. Inoltre, lo stesso tema ritorna con delle variazioni negli altri brani della colonna sonora, che cambiano forma tanto quanto gli stati d’animo dei personaggi, per approdare alla suite jazz finale, con pianoforte e tromba solista. Ancora, sono sempre queste note a fare da sfondo ai suoni dell’isola, in un intreccio indissolubile tra poesia di musica e natura.
Un paio di note a margine, ma non troppo: da un lato, la colonna sonora include diversi versi di Pablo Neruda, recitati da un gotha attoriale che lascia senza respiro; dall’altro, vive una storia travagliata fuori dallo schermo. Bisogna attendere il 2013 (e la conclusione di un processo), per avere riconosciuta la paternità autoriale dei brani non solo a Bakalov ma anche a Riccardo Del Turco, Paolo Margheri e non ultimo il grande Sergio Endrigo, i cui eredi hanno portato avanti la causa.
Quando musica e poesia si incontrano sul grande schermo, il risultato è un big bang, la somma delle arti e la prova che la bellezza non ha confini, come Troisi, del resto, sapeva bene.