Pubblichiamo di seguito un contributo che proviene dalla redazione di Tell me Chigiana, workshop di critica musicale attivato all’Accademia Chigiana di Siena e coordinato da Massimiliano Coviello e Stefano Jacoviello, che grazie al lavoro di giovani in residenza intende raccontare il Chigiana International Festival and Summer Academy 2018.
Un festival che dura più di settanta giorni con quasi ottanta concerti, di cui ventitré produzioni originali, sembra destinato a saturare la capacità di ricezione anche del bacino di pubblico più vasto e disponibile alla più ampia varietà di proposte. Eppure, il Chigiana International Festival 2018 “Sounding Times” si prende il lusso di inserire un fuori programma che si rivela immediatamente un evento straordinario, pronto a sorprendere anche gli ascoltatori fedeli al più consueto repertorio delle sale da concerto. Martedì 21 agosto, Ernst Reijseger – improvvisatore di fama mondiale, virtuoso assoluto del violoncello, compositore estremamente creativo, autore delle musiche dei più recenti e premiati film di Werner Herzog, e ora nuovo docente chigiano con un seminario dedicato all’incontro tra musica e immagini – ha voluto dare una dimostrazione pubblica della sua arte di fronte a un pubblico che inizialmente avrebbe dovuto comprendere gli allievi chigiani che a Siena in questi giorni seguono le masterclass di violoncello, viola e violino. La platea si è però subito allargata agli aficionados dell’Accademia, includendo via di seguito avventori casuali e molta altra gente giunta apposta per cogliere la ghiotta occasione di una sua performance a sorpresa.
In un’ora di improvvisazione solitaria articolata in cinque episodi, Reijseger ha dato fondo al suo bagaglio di violoncellista, andando letteralmente a collocare il suono in ogni angolo del leggendario Salone dei Concerti dove hanno echeggiato a lungo le corde di Cassadò, Casals, Meunier, Maisky, e oggi continuano a vibrare quelle degli attuali maestri Meneses e Geringas.
Reijseger ha incantato il pubblico, ora sbalordito dalle sue prodezze tecniche, ora spiazzato dall’intenzione di irridere ironicamente la figura del virtuoso. Inutile indulgere nella descrizione particolareggiata della sua abilità strumentale, l’intonazione impeccabile e la nitidezza di armonici assolutamente sotto controllo, quando il suono arriva a dare agli ascoltatori l’impressione di staccarsi magicamente dalle corde e diventare altro, come se provenisse da una “quarta dimensione”. Forse è questa la chiave della sua performance: fare un solo di violoncello in cui la musica va oltre i legacci dello stile e del repertorio, va oltre l’idea di perseguire la bellezza di un unico timbro, e si presenta come un disarmante canto sublimato.
Senza interrompere l’esecuzione, il musicista olandese si alza dal panchetto, esce dal palco, passeggia fra il pubblico, si siede in platea e anche il gesto violoncellistico più difficile viene offerto agli ascoltatori abbattendo qualsiasi forma di difesa e di separazione. La costruzione musicale, viva e presente, viene donata al pubblico con estrema naturalezza e semplicità, in modo che si instauri quel dialogo che sempre più sembra mancare alla cosiddetta musica “colta”. E invece Reijseger riesce a stabilire il contatto con una proposta di avanguardia! In barba a tutti i teoremi sull’apatia acritica del pubblico d’oggi.
Il concerto è terminato con una ennesima sorpresa: dopo aver eseguito per bis una sua composizione basata su un moto perpetuo turbato da strane alterazioni ritmiche e metriche, il violoncellista ha visto in sala e invitato sul palco il pianista Stefano Battaglia, personalità fra le più rilevanti della nuova musica italiana e anche lui docente come Reijseger dei seminari chigiani raccolti nella sezione intitolata “New Sounds”. La lunga e fitta conversazione fra i due strumenti ha continuato a tenere in pugno l’attenzione del pubblico, dipanando il filo di una vera e propria narrazione in cui gli episodi di pura esplorazione melodica, ritmica e armonica si alternavano a momenti di toccante lirismo, sempre divertitamente “guastati” dall’ironia dissacrante dell’olandese.
La evidente e puntuale coordinazione fra i due maestri in un set di invenzione radicale ha permesso anche ai profani di comprendere la serietà di una disciplina come l’improvvisazione, unitamente al fatto di trovarsi di fronte a due giganti in questo campo.
Unica nota stonata nella magnifica serata: la scarsa presenza in platea dei talentuosi allievi dei corsi di strumento ad arco, forse giustamente ossessionati dal misurarsi con i capolavori del repertorio tradizionale, con cui sicuramente costruiranno una fantastica carriera come molti loro predecessori, correndo però il rischio di perdere di vista il senso più profondo del fare musica: attenzione, curiosità e condivisione, cose che Reijseger ha dimostrato di poter spiegare con impareggiabile efficacia a chiunque fosse in sala.
Ad ogni modo, insieme a già numerosi eventi ormai passati di #ChigianaFest – fra cui vale la pena menzionare anche solo le rinnovate interpretazioni di Stimmung e Kathinkas Gesang di Stockhausen; i miracoli vocali delle Messe di Pizzetti e di Martin; il doppio concerto di Meneses dedicato a Bach e la nuova musica brasiliana; il Berg e il Nono del Quartetto Arditti; e ancora, l’incontro fra Lylia Zilberstein e il Quartetto Prometeo al cospetto di Taneev e Šostakovič –, l’improvviso fuori programma di Reijseger resta uno degli episodi artisticamente più alti di un Festival che non smette di stupire neanche mentre volge al termine, con ancora altri appuntamenti prestigiosi fino alla fine di agosto.
Testo a cura di Nina Segreto