È il 1994 quando Pulp Fiction esce nelle sale, irrompendo da subito come punto di svolta nella cinematografia moderna. E lo fa non solo conquistando il pubblico, ma diventando anche un archetipo di stile con tonalità vivide, stacchi netti di montaggio, sovraimpressioni fumettistiche e, non meno importante, con una colonna sonora unica.
La commistione di violenza e umorismo, i dialoghi serrati e la velocità narrativa si inseguono infatti nei cambi di scena spaziali e temporali della pellicola, una varietà rispecchiata dai brani presenti: una dose massiccia di surf rock, la vena sanguigna del blues, il ritmo del funky e l’energia del rock’n’roll ricreano tutto questo, immergendosi letteralmente nelle scene. Basti pensare che il disco della colonna sonora non comprende solo le musiche del film, bensì anche alcuni estratti dei dialoghi, diventati parte integrante di ciascuna traccia.
Una doverosa nota: ciò che traspare, senza quasi bisogno di sottolinearlo, è la presenza di brani non inediti, ma pescati direttamente dalla storia della musica contemporanea.
Si inizia infatti, e senza mezzi termini, con Misirlou di Dick Tale & The Deltones, la punta di un giradischi segna l’attacco dirompente di Girl You’ll Be A Woman Soon nella versione degli Urge Overkill, salta fuori la melodia ipnotica di Bustin’ Surfboards dei Tornadoes, un’eterea Dusty Springfield intona Son Of A Preacher Man e infine, ma non certo per importanza, Jungle Boogie dei Kool & The Gang è un’incursione nella black music degli anni ‘70.
Il connubio tra perizia cinematografica, equilibrio narrativo e armonizzazione della colonna sonora con ogni singolo fotogramma sembra raggiungere il suo apice con la scena clou del film: You Never Can Tell entra nell’immaginario collettivo come una delle scene cinematografiche più rappresentative, un tutt’uno nel twist di Uma Thurman e John Travolta (tornato sulla cresta dell’onda proprio con Tarantino) che si scatenano sulle note di un immortale Chuck Berry.