È uno dei miti contemporanei della lirica, di sicuro uno dei più grandi tenori della storia: parliamo di Plácido Domingo, 76enne madrileno dal carisma ancora fervido, incontenibile, e forse per questo da alcuni anni “diviso” tra palcoscenico e podio.
Non a caso lo abbiamo visto martedì scorso nei panni di Bajazet nel Tamerlano di Händel e lo vedremo stasera salire sul podio dell’Orchestra dell’Accademia della Scala per un concerto di beneficienza promosso dalla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (ingresso ore 20.00), occasione per la quale Domingo tornerà alle sue origini proponendo un repertorio squisitamente spagnolo (De Falla, Albéniz, Granados, Chapí, ect.). Lo abbiamo intervistato a margine delle prove scoprendo un sogno custodito (ancora) nel cassetto…
Maestro Domingo, la parola chiave del concerto di stasera è beneficienza…
Sì, ci tengo a dire che il concerto di stasera per me è un privilegio. Come sa l’uomo, sempre e ovunque, deve far fronte a eventi e circostanze di carattere drammatico: malattie, alluvioni, terremoti. E ogni volta gli artisti sono interpellati per catalizzare l’attenzione generale. Questo mi riempie di gioia, è la dimostrazione del valore e della potenza dell’arte, in questo caso della musica.
Lei non perde occasione per manifestare quanto crede nei giovani: emblematico il caso di Operalia ma, stasera, si tratta del coinvolgimento dell’Orchestra dell’Accademia.
Intanto avevo grande voglia di tornare a dirigere alla Scala, quindi ho parlato con Alexander Pereira e insieme abbiamo pensato di coinvolgere i ragazzi dell’Accademia. Li ho ascoltati nella bella produzione in questi giorni in scena, Hänsel und Gretel, e li ho trovato molto bravi trattandosi, tra l’altro, di una partitura difficile e insidiosa.
Stasera il repertorio sarà squisitamente spagnolo…
Sì, e le posso dire che i ragazzi lo hanno affrontato con grande gioia e interesse. Sono meravigliato dalla loro disciplina, dalla tecnica e dalla musicalità. Sono sicuro che sarà un bel concerto.
Com’è passare dal palcoscenico alla buca?
A me piace! Lo faccio abitualmente a New York, a Vienna, a Londra. Sul podio mi preoccupo di far cantare tanto i cantanti quanto gli strumentisti, valorizzando le armonie complessive. In palcoscenico, e alla Scala lo frequento già da 48 anni, mi perdo nell’interpretazione del personaggio. Ma, mi creda, quando canto non rimpiango di non essere sul podio e viceversa, amo ambedue i ruoli.
Nonostante la sua strepitosa carriera, custodisce ancora un sogno nel cassetto?
Fra due anni festeggerò il mio 50° come cantante, alla Scala e all’Arena di Verona. Sogno di continuare a cantare e, soprattutto, di dirigere un’opera.
Ha in mente un titolo in particolare?
Certamente Aida, ma anche Puccini non mi dispiacerebbe. Questo è il mio sogno!
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