La Passione secondo Scarlatti

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Giorgio Pestelli analizza  la Passio secundum Joannem di Alessandro Scarlatti, pubblicato in un disco Ricercar 378

Di ascolto problematico nei comuni concerti per la totalità o quasi dei recitativi, la Passio secundum Joannem di Alessandro Scarlatti, oltre che naturalmente nella funzione liturgica, si presta bene all’ascolto in disco, come questo recente cd Ricercar 378. Un tempo l’opera si credeva frutto dell’ambiente oratoriale romano del Santissimo Crocefisso. Le ultime ricerche ne hanno spostato il luogo di nascita a Napoli. Qui sono conservate due copie manoscritte: una, forse autografa, nella Biblioteca del Conservatorio, l’altra nell’Archivio dei Girolamini.

Come data di composizione si pensa al 1685

Alessandro Scarlatti era arrivato a Napoli nell’estate del 1683, l’anno dopo succede a Pier Andrea Ziani come maestro di cappella, suscitando ire furenti nei musicisti locali. Il testo latino è quello del Vangelo di Giovanni (18-19;37). L’evangelista è voce di mezzo-soprano, quella di Cristo di basso, Pilato è controtenore; il coro, invece, appare e scompare in interventi fulminei.

Abituati all’ampiezza di respiro delle frasi di Bach, qui si respira l’arcaicità di una concezione miniaturistica. È come leggere un libro miniato, dove singoli episodi si condensano in pochi tratti di penna: Giuda che arriva con la turba nell’orto; la calma di Gesù di fronte agli eventi; la siluetta della serva che accusa Pietro; il vocalizzo impennato su «flagellavit», la folla che vuole liberare Barabba, .

Il direttore Leonardo García Alarcón ha inserito nel racconto evangelico alcuni Responsori per la Settimana santa, sempre di Alessandro, da un manoscritto dell’Accademia Filarmonica di Bologna. Una buona idea, intanto perché si tratta di recuperare alcune pagine di grande qualità espressiva (come «Ecce vidimus eum») e poi per l’analogia che stabilisce con le Passioni luterane, ponendo il responsorio (come il corale) a commento all’azione; come il «Vinea mea electa» a contrastare «Barabba», e «O vos omnes» dopo la morte di Gesù.

Giorgio Pestelli

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