C’è musica su Marte
Le possibilità di ascoltare musica aumentano a dismisura; eppure c’è ancora la percezione che la vera musica stia morendo. Ma evoluzione non significa fine
Se non ci fosse un futuro? O per essere più chiari: se quella musica che, con una parola-ombrello, chiamiamo “classica” e sotto la quale troviamo un’infinità di cose, da Monteverdi a Stockhausen, da Palestrina a John Cage, fosse effettivamente giunta al capolinea della sua storia, in un affollarsi caotico di epigonismi, sussulti, accanimenti per prolungarne l’esistenza? Forse dovremmo abituarci all’idea e non farne una tragedia.
La musica non sta affatto morendo: miliardi di persone, giovani e vecchi, privilegiati e diseredati, non hanno mai ascoltato tanta musica come oggi. Semplicemente, piaccia o no, si trasforma.
La musica in evoluzione
Dopo il papiro, la pergamena, e poi la carta e adesso l’ebook; i mosaici hanno ceduto agli affreschi i quali a loro volta si sono estinti; il poema epico ha ceduto al romanzo; il teatro e il cinema soccombono alla televisione. Ma non per questo la letteratura, la pittura, le arti drammatiche vengono cancellate.
Come succede da secoli, il fulcro del cambiamento è la pratica sociale. Per la musica, dopo la chiesa, dopo la corte, arrivò la sala da concerto e con essa il mercato: compositori che vendevano le proprie opere destinate a un pubblico pagante. Ma tecnologia e media hanno rivoluzionato questo meccanismo trasformandolo in industria globale, con tanti saluti all’estetica borghese, ai suoi attori e alle sue infrastrutture (compositori, teatri, orchestre, ecc.).
E mentre l’industria musicale lavora per saturare l’udito di miliardi di persone, guerreggiando per salvare i suoi profitti dal collasso del copyright, il vecchio sistema della musica borghese si converte in testimonianza di un’epoca trascorsa: un museo. Ma un museo vivente, dedicato a tenere in vita i suoni del passato. Perché se affreschi e antichi codici per sopravvivere hanno bisogno di un ambiente protetto e di restauri periodici, la musica e le arti della performance hanno bisogno di ben altro per offrirsi al pubblico in tutta la loro bellezza. Nasce da qui la suspense, la percezione di un futuro plumbeo. Come quando a Venezia vedi l’acqua che sale.
Giordano Montecchi