Milano Musica inaugura con omaggio a Sciarrino

in News
  1. Home
  2. News
  3. Milano Musica inaugura con omaggio a Sciarrino

La 26a edizione del Festival Milano Musica torna a mostrare una sana predilezione per la musica nostrana e per la sua divulgazione presso un pubblico vasto e variegato: il dedicatario di quest’anno è infatti Salvatore Sciarrino, compositore tra i più noti sia in Italia che all’estero nel panorama sempre più ristretto della contemporanea.

E alla direzione della Filarmonica della Scala nel concerto inaugurale, tenutosi al Piermarini lo scorso 22 ottobre, presiede uno storico collaboratore del Maestro, Tito Ceccherini, paladino del repertorio novecentesco e contemporaneo, soprattutto italiano.

Il programma della serata è incentrato su La nuova Euridice secondo Rilke, sorta di cantata per soprano e orchestra commissionata a Sciarrino dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel 2015, preceduta dall’Ouverture del Manfred di Schumann e seguita dal Mandarino meraviglioso di Bartók: un viaggio attraverso tre secoli di musica, dunque, che parte da uno dei vertici orchestrali del romanticismo e, passando per un maturo ed eversivo modernismo, arriva fino a oggi.

La nuova Euridice, preziosa rarità non ancora reperibile in disco, ha permesso anche al pubblico neofita di farsi un’idea piuttosto accurata dello stile del compositore siciliano, amante della letteratura, della tradizione artistica rinascimentale, della cultura alta. L’opera presenta due testi rilkiani tradotti dallo stesso Sciarrino, dei quali il primo, su cui poggia gran parte della composizione, si rifà alla mitologia classica riletta con gli occhi ispirati del poeta tedesco, che cantano di un’Euridice ormai appartenente alla dimensione della morte, dimentica della speranza di vita e non più capace di vedere Orfeo come suo salvatore; il testo della seconda parte è invece un evocativo inno alla musica.

Oltre alla componente letteraria, anche quella più strettamente musicale è un ottimo esempio di alcuni topoi del Maestro: le tinte emotive della prima parte del brano sono evidenti fin dalle prime battute e risultano piuttosto monocrome, incentrate sull’evocazione di un paesaggio tetro fatto di rocce e boschi irreali, suggerito con dinamiche lievi e delicate e un uso cospicuo di tecniche non convenzionali (soffi nei fiati, armonici e multifonici negli archi, crescendo e diminuendo al nulla) volte a questo risultato espressivo, spesso in dialogo con il soprano. Come in molte altre opere di Sciarrino anche il silenzio è parte della musica, e in generale l’orchestra viene chiamata in causa per intero soltanto raramente, in modo da mantenere la voce sempre in primo piano, sia nei momenti più lirici, creati con gesti morbidi e ampi glissando, sia in quelli più prosastici, in cui figurano nervose sillabazioni racchiuse entro un piccolo registro. Anche col sopraggiungere del secondo movimento l’atmosfera rimane rarefatta e la linea compositiva sostanzialmente fedele a se stessa.

Protagonista dell’esecuzione è Anna Radziejewska, soprano che ha già collaborato più volte con Sciarrino e che in questa serata dà nuovamente prova di grande precisone tecnica e notevole forza espressiva. Anche Ceccherini si rivela abile nell’affrontare la sfida e mostra la sua familiarità con questo repertorio, offrendo proprio con questo lavoro impegnativo il risultato più convincente di tutta la serata.

L’esecuzione appare invece più debole nei due pezzi di repertorio in programma, in cui la tensione drammatica di Rilke rischia di perdersi dietro a un’esecuzione corretta, che tuttavia non riesce a trascendere agevolmente la partitura per far parlare ciò che vi soggiace. Il Manfred di Ceccherini si presenta come un discorso unitario e coeso in cui i singoli episodi sono ben inseriti nella trama musicale, sebbene questo porti a una lieve piattezza che tarpa le ali alle celebri pagine. In Bartók, invece, il direttore si confronta con uno dei propri mentori, Peter Eötvös, che nel maggio scorso ha diretto la stessa opera nello stesso teatro e con la medesima orchestra; l’inevitabile paragone sottolinea la maturità di Ceccherini, che si emancipa dal suo maestro proponendo una visione più morbida e romantica della tragica storia del Mandarino, in cui però viene a mancare la forza eversiva e radicale di questa partitura, che creò tanto scandalo nella Colonia del 1926: le forti dissonanze, gli ostinati ritmici violenti e ossessivi, i suggestivi accostamenti timbrici sono infatti ammorbiditi dalla sua bacchetta.

Piccoli scricchiolii, questi, che non sono sufficienti a compromettere un concerto importante: ne è prova l’entusiasmo che il pubblico dimostra nei confronti di Sciarrino – presente in sala – e dei musicisti lungo il corso dell’intera serata.

Immagine di copertina: Tito Ceccherini

In collaborazione con il laboratorio “Ascoltare il presente” – Università degli Studi di Milano

La grande musica per i piccoli: torna Baby BoFe’
Prospettive: inaugura la Filarmonica Campana

Potrebbe interessarti anche

Menu