Bologna: Philippe Herreweghe chiude il ciclo Monteverdi

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Un lunghissimo applauso ha suggellato le ultime note del Vespro della Beata Vergine eseguito a Bologna il 26 ottobre in una cornice unica, la basilica di Santa Maria dei Servi. All’ombra dei dipinti di Cimabue, Guido Reni e Guercino, Philippe Herreweghe ha magistralmente diretto il “Collegium vocale Gent”, offrendo al pubblico bolognese il pezzo sacro più noto ed apprezzato di Claudio Monteverdi.

Il Vespro della Beata Vergine, composto in circostanze ancora oggi avvolte in un’aura di mistero e forse connesse al viaggio che portò Monteverdi a Roma nel 1610, si configura come un’opera sui generis. Gli studiosi continuano ad interrogarsi sul preciso contesto che ospitò le prime esecuzioni del Vespro, sulle ragioni che spinsero il compositore a stampare l’opera e a dedicarla a papa Paolo V, sulla natura del testo adoperato (che non si riferisce ad alcuna festa mariana in particolare), sulla dicotomia tra due diverse teorie: quella che vede nella coerenza interna dell’opera una composizione pensata come un unico grande monumento musicale e quella che ipotizza invece che i pezzi non costituiscano una composizione unica.

Se questi interrogativi animano il confronto tra i critici dell’opera monteverdiana, ormai da decenni il pubblico mostra di apprezzare la sensazionale vividezza dei colori, la serrata alternanza di sezioni binarie e ternarie, la verve ritmica, la grande cura con cui il compositore imprime alla parola un’espressiva ed eloquente veste musicale. Si tratta di caratteri che gli amanti del “divin Claudio” possono individuare in tutta la sua produzione ed in particolare in quella che fa riferimento alla “seconda prattica”, ma che il contesto sacro del Vespro rende straordinari, facendo sì che gli spettatori continuino a stupirsi della simbiosi tra la grande profondità d’ispirazione ed l’esuberanza compositiva.

Alle otto voci soliste (cantus, sextus, alti I e II, tenor, quintus, bassi I e II) si aggiungono alcune voci di “ripieno” che formano il coro presente in diverse sezioni dell’opera; esse, insieme ai solisti, danno vita anche al doppio coro dell’Ave Maris Stella. Ai pezzi che presentano un organico più ampio si alternano sezioni di grande soavità, come i “concerti” e altri brani accompagnati dal solo basso continuo. Le voci sono sostenute da un gruppo strumentale costituito da un solido Bassus generalis e da numerosi strumenti melodici con parti proprie come cornetti, flauti, “fifare”, violini, nonché da diverse linee di viole ed archi gravi insieme a 2 tromboni, trombone basso e “trombone doppio”.

La mancata specificazione di un sempre preciso ensemble vocale e l’uso di numerosi strumenti, che si aggiungono alle voci o ne raddoppiano le linee, rappresenta in realtà il frutto di una lunga tradizione veneziana della quale nel primo Seicento massimo esponente è Giovanni Gabrieli, che fonda la sua sontuosità sui grandi apparati policorali nei quali alle voci si aggiungono diversi colori strumentali in organo. Proprio la scelta di un variegato e ricco organico vocale e strumentale, adoperato da Monteverdi al fine di creare i più diversi impasti timbrici, rende il Vespro della Beata Vergine una luminosa e pluricromatica preghiera alla Madonna.

Nella sua interpretazione Philippe Herreweghe è partito dalle prescrizioni dell’autore, ma nella scelta dell’organico strumentale non ha adoperato i violoncelli, i flauti e le fifare, preferendo al suono netto del violoncello quello ricco di nuances della viola da gamba e del violone. Molto apprezzato l’uso di strumenti storici (ad un’ampia famiglia di viole da gamba, si sono aggiunti i tromboni storici, il cui timbro è risultato particolarmente appropriato) e di una prassi esecutiva di grande gusto.

Strepitosi i cornetti: d’altronde l’esecuzione vantava il concorso di un solista del calibro di Bruce Dickey. Anche le voci sono risultate molto omogenee e garbate, i solisti sempre chiari ed espressivi e l’insieme vocale coeso e capace di grande varietà dinamica ed espressiva, mentre Herreweghe ha mostrato una magistrale attenzione all’equilibrio dei colori e delle masse strumentali e vocali ed è stato estremamente accurato nel trattamento del colore d’insieme. Di grande sobrietà e precisione i versetti e le antifone cantate dalla schola gregoriana diretta da Barbora Kabátlová.

L’attesissimo evento ha chiuso il ciclo di eventi organizzati per il 450° anniversario dalla nascita di Claudio Monteverdi e ha confermato l’impegno della città nella continua proposta di concerti, conferenze, convegni, pomeriggi di studio e di ricerca volti alla riscoperta e alla diffusione della musica seicentesca e settecentesca. Un impegno che ci auguriamo possa continuare ed ampliarsi con un sempre maggior coinvolgimento di pubblico.

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