C’è musica su Marte
Arnold Schönberg ha scritto che la melodia è musica primitiva, offensiva per l’intelletto. Il problema è un altro: la relazione con il pubblico
La melodia è la forma di espressione più primitiva della musica. Il suo scopo consiste nel rappresentare un pensiero musicale mediante molte ripetizioni (lavoro tematico) e con uno sviluppo quanto più possibile lento (variazione); in modo tale che perfino chi è tardo nel comprendere possa seguirlo. Essa tratta l’ascoltatore come l’adulto tratta il bambino o l’intelligente l’idiota. Per l’intelletto veloce questa è una pretesa offensiva; ma per i nostri adulti la melodia costituisce, appunto, l’essenza della musica».
È legittimo chiedersi perché Arnold Schönberg – è suo questo celebre aforisma pubblicato sulla rivista Die Musik nel 1910 – nutrisse tanta acrimonia nei confronti della melodia, al punto da farne l’emblema di una musica per minorati mentali; una sorta di specchietto per allodole per chi proprio non ci arriva. In realtà è una lunga storia.
Ogni arte ha la sua “melodia”
Queste parole sono la punta dell’iceberg del più gigantesco, irrisolto e terribilmente attuale dilemma dell’estetica, musicale e non. Ogni arte ha per così dire la sua “melodia”: la forma espressiva in cui qualcuno vede solo lo stratagemma per accattivarsi il grande nemico di sempre: l’ottusità del pubblico.
Nel 1781 – lo stesso anno un cui Mozart lascia la corte di Salisburgo – il 22enne Friedrich Schiller si licenzia dal servizio presso il duca di Württenberg. Pieno di entusiasmo per la libertà conquistata scrive: «Ora il pubblico è tutto per me […], mio unico giudice e sovrano». Anni dopo, nel giugno 1799, lo stesso Schiller scrive a Goethe: «L’unica possibile relazione col pubblico è la guerra».
Da allora, come ben sappiamo, questa guerra non ha fatto che inasprirsi; la svolta fu proprio un secolo fa, in quel primo ’900 in cui successe di tutto. Dalle invettive di Schönberg, ai tumulti purificatori delle avanguardie, fino alle lacrime di Alban Berg, disperato per gli applausi riscossi dal suo Wozzeck che a lui suonavano come un fallimento. Un secolo dopo, continuiamo a pagare le conseguenze di quella sciagurata demonizzazione della melodia.
Giordano Montecchi