Barbara Minghetti guida il Macerata Opera Festival

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Donne di teatro: è Barbara Minghetti il nuovo direttore artistico del Macerata Opera Festival. Con lei, il magico Sferisterio si apre sempre più alla città e alla società

Macerata Opera Festival: lo Sferisterio
Macerata Opera Festival: lo Sferisterio

L’Italia dei teatri lirici, dei festival e della cultura musicale d’estate ha la sua nuova stella. Luminosa, raggiante, poco disposta alle appartenenze politiche, ai pettegolezzi da salotto e ai bassi contenuti di bottega, ma pronta invece ad allargare il pubblico aprendo scenari inusuali. È lei, Barbara Minghetti, milanese, classe 1964 (una laurea in filosofia, la militanza di studi alla “Paolo Grassi” come operatrice culturale; le agili esperienze con Opera Domani dell’Aslico al Sociale di Como; e poi a Parma, per la sezione Off del Festival Verdi) l’ultima guida al timone di Macerata Opera Festival.

#verdesperanza: il Macerata Opera Festival si rinnova

L’impegno si manifesta già in modo autorevole e spigliato nel suo primo anno di incarico al festival marchigiano, dopo il passaggio di consegne ricevuto dall’ultimo direttore artistico, il regista Francesco Micheli. E l’idea di questa (per lei) edizione zero dal titolo fantasioso di #verdesperanza – plasmata su una locandina attraente, spigliata, poco ossequiosa alle concessioni di routine e in team con il sovrintendente Luciano Messi più il giovane direttore musicale Francesco Lanzillotta – è giusto quello di dare un’immagine ancor più briosa, vivace e festosa della città.

Un proposito tradotto già in questo torrido scorcio di estate, con una programmazione che procede fino al 12 agosto. Svettano in primo luogo le tre opere Il flauto magico di Mozart su regia di Graham Vick (coprodotta da Palau de les Arts di Valencia e Birmingham Opera Company) che vede la partecipazione di 100 cittadini; poi L’elisir d’amore di Donizetti su regia di Damiano Michieletto; quindi La traviata di Verdi.

Non solo opera: gli altri appuntamenti di Macerata Opera Festival

Anche se il contesto si arricchisce di occasioni di contorno, appuntamenti crossover (Max Gazzè con la Bohemian Symphony Orchestra il 7), ritorni della danza (il 9 Eleonora Abbagnato su Puccini con Sebastian Melo Taveira, talento finalista ad Amici 2017) e momenti di prosa (l’1 agosto Lella Costa nella sua rilettura di Traviata con la regia di Gabriele Vacis). Per non parlare dei programmi per i più piccoli, degli aperitivi in loggione e in cantina. Ancora – ça va sans dire per chi conosce Barbara – le tre feste tematiche direttamente sul palcoscenico.

Il 10 la spiazzante e iconoclasta versione dj dell’Elisir d’amore che sfrutta la stessa ambientazione balneare della messa in scena; l’11 il Gran Ballo dell’800 fra decine di coppie da tutta Europa in eleganti frac e crinoline, pronte a volteggiare su ritmi di valzer, controdanze e festose quadriglie. Infine il 12 l’avventurosa “Notte allo Sferisterio” per contemplare il cielo stellato d’agosto; è d’obbligo portare sacco a pelo, tenda e torcia elettrica, per lasciarsi stupire in tutta libertà dalla bellezza dello Sferisterio.

Dunque una locandina gioiosa, piena di fantasia e passione che ricalca in pieno la verve artistico-manageriale di questa gran signora del palcoscenico, cresciuta alla scuola di Italo Gomez all’Autunno Musicale di Como e del compianto regista Franco Quadri alle Orestiadi di Gibellina. Una timoniera coraggiosa, intrepida e acuta, perennemente mossa dalla passione, dall’amore per le cose vere e dalla viscerale curiosità.

Donna per di più; in un mondo dove almeno fino a qualche anno fa le operatrici culturali di sesso femminile si contavano sulle dita di una mano.

La parola a Barbara Minghetti

«Devo dire che l’essere donna in questo lavoro non è il segno di un valore aggiunto», racconta Barbara nel pieno dei preparativi per rifinire questo calendario, con il testimonial 2018 Mario Cucinella e il Club Alpino Italiano come Charity Partner.

«Lo dico non per presunzione, ma perché accetto le mie sfide con grande senso di responsabilità, ma anche tanta serenità interiore. Io sono sempre desiderosa di fare cose belle, piacevoli e nuove, spinta dalla curiosità e dalla bellezza di rinsaldare i rapporti umani. Ma la visibilità in sé e per sé non vuol dire nulla, penso soprattutto al valore sociale. E poi ormai va detto che sono tante le donne che hanno ruoli molti importanti, in campo pubblico e privato».

Ma qual è lo stato di salute dei festival in Italia?

«In generale credo che ci sia il bisogno di allargare la fruizione musicale sul territorio. È questa la sfida di domani: facendo leva sul modello interdisciplinare, spalancando le porte agli spettatori di tutte le età».

Macerata Opera Festival Barbara Minghetti
Barbara Minghetti

Facile che la riflessione si allarghi a quella sul ruolo di manager culturale oggi.

«La cultura è un bene primario, di consapevolezza e benessere per le persone. Quindi è giusto che abbia il sostegno dello stato, perché alla fine riguarda l’intera collettività. Un tasto per me molto importante, visto che da sempre vi leggo tutto il suo valore sociale e civile. Tutte le mie nuove idee dunque non hanno uno scopo diverso o un vezzo personale, ma rispondono a questa esigenza profonda.

Importante è che i festival abbiano sempre una ricaduta virtuosa sulla comunità. Non solo accogliendo i turisti che arrivano in visita ad un determinato luogo, ma anche perfezionando quel senso di appartenenza tipico di chi ci abita».

Certo, nel caso di Barbara Minghetti raggiungere in pochi anni traguardi così ambiziosi dipenderà anche dal metodo.

«A me piace lavorare in team. Parlare con la gente, ascoltare tutti e assorbire la cultura circostante, prima di prendere le giuste decisioni. Poi c’è sempre la voglia di rompere gli schemi, cercare nuove idee e creare progetti innovativi».

Nel caso del Macerata Opera Festival, qual è stato il punto di partenza?

«In primo luogo la sfida di conoscere a fondo la città. Con lo Sferisterio, un luogo magico (architettonicamente molto connotato) che vogliamo far rivivere ancor di più. E poi con l’intero territorio circostante, che negli ultimi anni ha sofferto il dramma del terremoto.

Sono convinta che si possa fare ancor di più, perché si ritrovi l’allegria e la speranza. Ma poi c’è quello che un amico mi ha detto tempo fa: i festival che funzionano meglio sono quelli nei luoghi piccoli, scomodi e difficili da raggiungere. Proprio così. Arrivi a Macerata e ti trovi davanti questa città incredibile, che con le sue lentezze ti accoglie a braccia aperte. E subito te ne innamori».

Certo, i segni forti del suo tipico modo di costruire una locandina si vedono subito. Primo fra tutti l’idea di fare un’opera partecipativa, dove a prendere posto da protagonista è un bel manipolo di cittadini. Con un centinaio di persone (guidatori d’autobus, professionisti forensi, insegnanti di liceo, studenti e casalinghe) che si mettono in gioco imparando a memoria la propria parte. Andando alle prove e portando a casa il risultato di aver fatto parte di un’opera lirica (il Flauto mozartiano).

«Trovo che oggi ci sia molto bisogno di condividere e fare esperienze insieme. Spesso – dirigendo un festival – sei più portata a farti delle domande che a trovare delle soluzioni», prosegue.

«L’opera ti mette davanti a storie incredibili, attualissime e con una musica sublime. Pensiamo a Verdi, a Mozart o ai drammi di Shakespeare. Per fortuna il teatro è ancora rimasto un luogo di confronto, oltre che di innovazione da condividere con altri. C’è più che mai bisogno della sacralità dello spazio scenico, anche perché non si va quasi più in chiesa. Persino lo stadio a volte come luogo collettivo se la passa male».

Tutto per lei è partito da Como; ma è stato importante sperimentare quel Flauto magico così atipico nell’ambito di 200.com. Un progetto per la città che adesso viene riproposto.

«Nasce un momento di convivenza tra gente che si conosce, mangia insieme dopo una prova e naturalmente si commuove disperatamente durante l’esecuzione. Gente che alla fine diventa anche un ambasciatore incredibile di musica, creando intorno a sé onde di energia positiva».

Molte di queste idee hanno trovato un terreno favorevole, visto che prima di lei c’è stato Micheli.

«Francesco è sempre stato per me quasi un fratello minore, anche se agiamo da posizioni diverse. Lui fa il regista, l’artista, io l’organizzatrice culturale. E devo dire che è in un certo senso è stato difficile proporre a Macerata le prime cose che mi venivano in mente, proprio perché lui le aveva già fatte da anni. Comunque si vedrà. Il 2018 sarà per me l’anno zero, il primo momento di osservazione, di analisi. Poi il giorno dopo la fine del festival farò i conti con me stessa per capire come le cose che ho portato possano diventare ancora più grandi».

di Luigi Di Fronzo

Info: https://www.sferisterio.it/

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