“Licht” è il ciclo in sette opere composto da Stockhausen e dedicato ai giorni della settimana. Difficilissimo, per la quantità di simboli e richiami a religioni e rituali, non è mai andato in scena per intero

In luglio a Siena nei concerti dell’Estate Musicale Chigiana c’erano anche musiche di Stockhausen appartenenti a diverse fasi del suo percorso. Da Refrain a Stimmung fino alla seconda scena di Samstag (Sabato), dal ciclo Licht (Luce), intitolata Kathinkas Gesang als Luzifers Requiem (Canto di Kathinka come Requiem di Luzifer) per flauto e sei percussionisti.
Il grandioso progetto di Licht
È il ciclo di sette opere intitolate a ciascun giorno della settimana, cui Stockhausen si dedicò interamente dal 1978 (quando aveva 50 anni) al 2003. Fu concepito in singole scene autonome destinate anche all’esecuzione separata (che precedette quella delle opere complete). Ciò ha reso possibile continuare ad ascoltare qualche pagina del gigantesco lavoro che aveva occupato poco meno di metà della vita creativa di Stockhausen, eludendo in parte gli interrogativi che suscita non la qualità dell’invenzione musicale (pur discontinua), ma la natura della concezione teatrale, minuziosamente definita in ogni dettaglio e in ogni gesto.
Non importa l’assenza di vere e proprie vicende o comunque di una teatralità tradizionale. Gli interrogativi riguardano i simboli, i significati esoterici, i riferimenti a molteplici religioni e rituali di una ambiziosa cosmogonia.
Ne sono protagonisti Michael, spirito creatore, ed Eva, principio femminile e madre generatrice; e poi Luzifer, il principio dell’individualità, dell’intelligenza, della negazione e del cinismo corrosivo.
Un’opera sfortunata
Finora nessuno ha preso in considerazione la possibilità di mettere in scena per intero le sette opere. Si attende con viva curiosità la vasta antologia di Licht in tre giorni, programmata ad Amsterdam nel giugno 2019. I teatri delle prime rappresentazioni hanno tutti interrotto i rapporti con il compositore; prima il la Scala dopo Donnerstag (Giovedì, 1981), Samstag (1984) e Montag (Lunedì, 1988); poi Lipsia dopo Dienstag (Martedì, 1993) e Freitag (Venerdì, 1996). Così le ultime due opere sono andate in scena postume.
Eppure sono incredibili la quantità e la qualità delle musiche che la fantasia visionaria di Stockhausen aveva creato lavorando su un unico nucleo unitario, la “superformula” che riunisce le formule dei tre protagonisti del ciclo, sviluppando all’estremo una tecnica di elaborazione ed espansione usata a partire da Mantra (1970).
Samtag, il giorno di Luzifer
Nella poetica di Stockhausen il razionalismo costruttivo dagli esiti visionari non è mai venuto meno; ma la riscoperta dei piaceri della melodia e della eterogeneità stilistica ha preso il posto del radicalismo e del purismo dei primi capolavori. Anche nel ciclo Licht la presenza di un nucleo generatore unitario non impedisce una grande varietà di situazioni.
In Samstag, il giorno di Luzifer, il suo “requiem”, il “Canto di Kathinka”, è la seconda scena (non l’ultima;per Stockhausen la morte è apparente e segna il passaggio ad esistenze d’altra natura). Il flauto intona una lunga monodia basata sulle 11 note della formula di Luzifer, ponendosi in rapporto con gli interventi magici e arcani dei sei percussionisti (che rappresentano i sei sensi, il sesto per Stockhausen è l’intelletto) con esiti di infinita suggestione, con la cui lirica rarefazione contrasta la scatenata, fragorosa densità della scena successiva, per fiati e percussioni.
di Paolo Petazzi