Una nuova selezione di libri per i lettori di Amadeus. Ecco alcuni titoli per chi vuole approfondire la storia della musica. Con una chicca: il libro “Lo spartito del mondo”
Ogni mese pubblichiamo una selezione di volumi per gli amanti della musica. Ogni libro è recensito dai nostri autori.
UNA MUSICA PER GLI OCCHI
Claudio Bolzan
Zecchini, 2018, pagg. 164, € 21,00
Sintesi e perfezionamento di almeno tre saggi apparsi nell’arco di un decennio nella Nuova Rivista Musicale Italiana, pubblicata dalla Rai, questo interessante libro di Claudio Bolzan parte dal grande interesse per la Natura e il paesaggio innescato in Germania, tra ‘700 e ‘800, dalla diffusione delle teorie del sublime e del giardino all’inglese, oltre che da alcune opere letterarie e filosofiche. La nuova sensibilità attenta ai fenomeni naturali investì tutte le arti, spingendo a percepire la varie manifestazioni della Natura come “forme artistiche della Natura”; anche musicali.
Nella prima sezione del libro, Bolzan tratta delle teorie filosofiche ed estetiche, delle opere poetiche e dei testi letterari in prosa nei quali l’esperienza della Natura, del paesaggio e del giardino viene sempre più vissuta non solo in termini pittorici o architettonici, ma anche poetico-musicali. Per cui, la visione di un paesaggio (anche solamente dipinto) diventa la percezione di una «musica degli occhi», secondo la definizione coniata dal filosofo tedesco Friedrich Heinrich Jacobi nel suo romanzo filosofico Allwill (1772).
La seconda si concentra su alcuni compositori decisivi per l’evoluzione del Lied ispirato alla Natura: come Schubert, Mendelssohn e Schumann.
Massimo Rolando Zegna
LO SPARTITO DEL MONDO
Giovanni Bietti
Laterza, 2018, pagg. 174, € 16,00
È una “breve storia” della musica (da sottotitolo), là dove la stessa ha effettuato un “dialogo tra culture”. Tema molto attuale, evidentemente, da sempre noto alla storiografia ma tanto intrecciato ad altro da rischiare di scomparire.
Nel corso di nove capitoli, invece, un divulgatore esemplare come Bietti raccoglie svelte trattazioni su Orlando di Lasso, le danze stilizzate della Suite e la sempre popolare tarantella, i diversi ma anche uniformabili “gusti” nazionali, compositori come Bach, Mozart, Liszt, Debussy e Ravel riuscendo facilmente a dimostrare la permeabilità delle tradizioni vicine e lontane, d’arte o di consumo, disponibili o meno al gioco (il melodramma, fra queste ultime).
Gli altri due capitoli meritano una premessa, perché scappano improvvisamente oltre il Mediterraneo e l’Atlantico e fermandosi su personaggi come Duke Ellington pervengono non alla singolare World Music ma alle plurali “musiche del mondo”.
Il linguaggio divulgativo non attenta mai alla tecnica della musica, ma al suo divenire storico qualche volta sì. Il glossario finale è fin troppo generico, ignorando la Partita italiana come serie di variazioni; e chissà perché chiama «sonata in trio» la semplicissima Sonata a tre. Curiosa l’avversione alla formula invalsa di “musica classica” e azzeccatissimo il titolo del libro.
Piero Mioli
IL RITMO COME PRINCIPIO SCENICO
a cura di Roberto Ciancarelli
Dino Audino, 2016, pagg. 191, € 20,00
Con le sperimentazioni intorno all’elemento ritmo, le avanguardie storiche condividono un terreno comune. Infatti il linguaggio della danza, come quello della musica, della poesia, e della recitazione, ricercano nuove possibilità espressive liberandosi dalle griglie preordinate e dalle strutturazioni regolate.
Il ritmo come movimento ordinato subisce allora una revisione totale aprendosi a una complessità di sensi tale da diventare fondamento delle speculazioni innovative dei maestri del ‘900. All’inizio del XX secolo, il ritmo diventa, cioè, principio della realizzazione scenica di ogni opera destinata all’atto performativo; assume i connotati di una forza rigenerante, indagato e sperimentato quale polivalente strumento di vivificazione.
Di ciò si occupa il volume, di recente riedito, curato da Roberto Ciancarelli, Il ritmo come principio scenico, un’antologia di estratti di testi che sia pure utilizzati a frammenti riescono a tracciare un ambito di ricerca primonovecentesca e a descrivere i fermenti di un interesse vivo. Poli d’attrazione: Emile Jaques-Dalcroze, Rudolf Laban, Kurt Joss, Konstantin S. Stanislavskij, Vsevolod E. Mejerchol’d, Antonin Artaud, Adolphe Appia, e le loro riflessioni centrate sul movimento del corpo nello spazio.
Ida Zicari
UN LIBRO SUGLI ORGANI STORICI DEL LODIGIANO
Mario G. Genesi
Edizioni Lir, 2017, pagg. 717, € 20,00
Non la provincia ma la più estesa diocesi di Lodi considera l’imponente volume che costituisce il n. 20 dei “Quaderni di studi lodigiani” e all’autore è costato un intenso lavoro di due anni. Un fidato punto di partenza l’aveva, ed era una ricchissima serie di appunti manoscritti di mons. Luigi Salamina, un sacerdote dei paraggi vissuto fra il 1885 e il 1956 e paziente, scrupolosissimo studioso di tutti gli organi presenti sul territorio.
Ma il tanto tempo trascorso rendeva necessaria una sorta di aggiornamento. Gli stessi appunti che descrivevano compiutamente i loro oggetti avevano dovuto prendere atto dei numerosi e diversi interventi occorsi nei tempi precedenti. Come dire che l’organo era un organismo vivente, deperibile per certi aspetti intrinseci e trattabile o purtroppo maltrattabile per altri dovuti a normali cambi di stile o a mode incontrollate ed effimere.
Da Abbadia Cerreto a Zorlesco sono oltre duecento gli organi disseminati per sei secoli nella diocesi, con un’ovvia prevalenza del capoluogo che annovera anche parecchie ex-chiese: luoghi, dunque, ormai estranei alla liturgia e quindi adatti al concerto. Perché l’organo è sia ritualità che arte; ed è anche estetica nel senso corrente, come provano le diverse illustrazioni in bianco e nero. Un plauso ai due infaticabili ricercatori.
Piero Mioli
L’ORLANDO FURIOSO CE L’HANNO INSEGNATO I NOSTRI PADRI
Giulia Giannini
Lim, 2017, pagg. XVIII-231, € 30,00
Nelle Istitutioni Harmoniche (1558), Gioseffo Zarlino ricorda che al tempo si cantava le stanze di Ludovico Ariosto su melodie preconfezionate impiegate nella prassi improvvisativa per intonare testi di una determinata struttura metrica. Una modalità esecutiva che sfondò le mura delle corti, per diventare patrimonio popolare, parte del repertorio dei cantastorie e di una tradizione popolare di recitazione-cantata ancora viva oggi, soprattutto in alcune zone della Toscana.
Ed è Giovanni Battista Pigna, segretario ducale di Alfonso II d’Este, uno dei primi biografi dell’Ariosto, a svelarci l’interesse per la musica del poeta, e con esso un segreto che sta a fondamento dell’Orlando furioso. Testimonia che Ludovico era sensibile all’impiego popolare dei suoi versi; addirittura li modificava dopo averli ascoltati cantare sulle pubbliche piazze.
Ancora oggi, i poeti improvvisatori in ottava rima della Toscana e del Lazio utilizzano la materia cavalleresca nelle loro composizioni orali, e nel loro percorso di formazione non può mancare la lettura quantomeno dei poemi maggiori dell’epica cavalleresca e di alcuni romanzi quattrocenteschi di materia carolingia. Questo è lo spunto dello studio di Giulia Giannini, sottotitolato Una indagine storica sulle pratiche odierne dei cantori a braccio dell’Alta Sabina. Affonda la sua ricerca fin nel ‘200 e ripercorre una tradizione in cui colto e popolare hanno interagito fruttuosamente.
Massimo Rolando Zegna
UN LIBRO PER FANNY E WILHELM HENSEL
Paola Maurizi
Lim, 2017, pagg. 184, € 25,00
Da una quarantina d’anni Paola Maurizi, già titolare della cattedra di Storia ed estetica musicale in diversi Conservatori italiani, si occupa della presenza femminile nella storia della musica otto-novecentesca. Di Fanny Mendelssohn aveva scritto in un saggio del 2011 (Fanny Mendelssohn e l’Italia). Adesso sposta la sua attenzione sul medesimo personaggio, ma nella sua relazione con il marito Wilhelm Hensel, pittore tedesco vissuto tra il 1794 e il 1861.
Una visione, quella dell’autrice, che parte dal presupposto di inserire le vicende della storia della musica all’interno della storia culturale di un determinato periodo: tre dunque le sezioni del libro. Si intersecano elementi biografici, storia e analisi delle opere di Fanny Mendelssohn; una parte dedicata alla figura di Hensel (con le tavole che illustrarono frammenti delle partiture della moglie); e una incentrata sui due viaggi italiani della famiglia Hensel, risalenti al 1839-40 e al 1845.
Un libro agile quanto estremamente accurato, che contribuisce a far luce su un personaggio ancora oggi in ombra rispetto a tutte le potenzialità che in vita non le fu mai permesso di esprimere pienamente.
Edoardo Tomaselli
La Viola
Samuele Danese
Casa Musicale Eco, pagg. 119, € 19,00
Samuele Danese ha concepito questo libro spinto dal desiderio di offrire una conoscenza più approfondita della viola: uno strumento a lungo rimasto in ombra, associato e subordinato al violino, quasi non possedesse una sua voce autonoma. Lo ha fatto presentandone la specificità, la storia (con un ampio utilizzo di immagini a colori) e le potenzialità.
Michele Pittalunga e il Concorso Internazionale “Michele Pittalunga – Città di Alessandria”
AA.VV.
Edizioni Comitato Promotore del Concorso “Michele Pittalunga”, 2017, pagg. XVIII-189, s.i.p.
Il libro è stato concepito per celebrare due ricorrenze quasi coincidenti: ovvero il cinquantesimo anniversario del Concorso Internazionale di chitarra “Michele Pittalunga di Alessandria, la cui prima edizione si svolse nel 1968, e i cento anni dalla nascita del suo fondatore (febbraio 1918). È costituito da tre saggi di Alberto Ballerino, Stefano Picciano e Frédéric Zigante; con fotografie e documenti, tracciano la figura di Pittalunga e ripercorrono la storia del Concorso.
GOZZANO OSPITE DI PUCCINI (E VICEVERSA)
Andrea Rocca
Otto/Novecento, 2017, pagg. 160, € 12,00
Puccini, si sa, era esigentissimo con i suoi librettisti. «I libretti si fanno così. Rifacendoli. Finché non raggiungeremo quella forma definitiva che è necessaria a me per la musica, non le darò tregua. Devono essere, fase per fase, studiati, vagliati, approfonditi, secondo il desiderio mio e le mie personali esigenze», scrisse a Giuseppe Adami.
Chissà come avrebbe reagito l’operista toscano al libretto che Guido Gozzano aveva abbozzato proprio per lui. Il poeta stesso, in una lettera all’amico Vico Fiaschi (probabilmente datata 1914), vagheggiò di «far capitare nelle mani di Puccini» un suo libretto operistico di un «vero genere adatto a lui» invocando intercessione («Tenta se ti vien fatto di aprirmi la via. So che sei quasi amico con lui»).
Benché non se ne fece nulla, le due estetiche – gozzaniana e pucciniana – presentano non poche affinità, dettagliatamente indagate in questo libro dalle piccole dimensioni ma dal densissimo contenuto, che notò anche Montale.
«Il gusto della poesia degli umiliati e degli offesi; la temperie borghese e sentimentale della loro ispirazione; la straordinaria plasticità che li accomuna e che ad essi ha permesso di trarre lirica da una materia che per altri era stata soltanto rigatteria, piccolo romanticismo, folclore e pettegolezzo».
Mattia Rossi