Le danze rumene di Bartók: un’esecuzione speciale

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 Viaggiando per le strade dell’Ungheria, dalle eleganti e frenetiche vie di Budapest fino ai paesi più remoti, si verrà  accompagnati da un unico leitmotiv: la musica tzigana.

Che ci si imbatta in tradizioni musicali tramandate oralmente per generazioni o in complessi che si esibiscono nei locali pubblici per i turisti, questa definizione è onnipresente. La terra ungherese, del resto, vanta una tradizione musicale antica, variegata e prolifica, che passa dal folklore per arrivare ai palchi dell’opera, passando per i festival musicali estivi.

Di tale spinta creativa, ne sapeva qualcosa Béla Bartók, non solo grande compositore, ma anche tra i primi ad occuparsi della cosiddetta musicologia comparata ovvero, per dirla in termini attuali, di etnomusicologia. Vocazione e dedizione di Bartók sono bene evidenti in diversi aspetti della sua vita e delle sue opere: nei canoni mutuati dalla musica tradizionale e inseriti nella sua composizione, nelle collaborazioni, come quella con il turco Ahmet Adnan Saygun, ma soprattutto nelle ricerche sul campo, vera essenza della disciplina.

Bartók indaga, registra e trascrive le tradizioni musicali ungheresi, ma non solo: studia quelle bulgare, rumene e slovacche, spingendosi sempre più a est fino alle terre moldave e valacche. Non si limita inoltre all’est europa, ma arriva pure in Algeria e, come prima accennato parlando della sua collaborazione, in Turchia.

Nel 2004, la magnifica sinagoga di Budapest ospida la Rajko Orchestra, che si esibisce nella Román népi táncokt (le Danze popolari rumene), composte nel 1915. Sono dei balli della Transilvania a ispirare il compositore, che scrive la partitura originale per pianoforte e, un paio di anni dopo, ne cura l’ampliamento per orchestra. Una nota tecnica a margine: Bartók mutua proprio dalle danze non solo elementi come atmosfera o ritmo, ma pure le scale modali.

Immagine di copertina: la Sinagoga di Budapest – Ph. Getty images

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