Venerdì 17 novembre per il quinto appuntamento con la Stagione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, il pubblico del Teatro Politeama Garibaldi di Palermo è rimasto incantato dalle sensuali sonorità della fisarmonica di Ksenija Sidorova accompagnata dall’orchestra diretta dal giovane, ma già affermato, Michal Nesterowicz.
Considerata una vera ambasciatrice della fisarmonica nel mondo, Ksenija Sidorova è una delle più apprezzate virtuose del mantice e ospite inedita dell’Orchestra Sinfonica Siciliana. La giovanissima stella lettone ha presentato un programma stuzzicante negli accostamenti, passando dall’esecuzione del Concerto in re minore BWV 1052 di Johann Sebastian Bach ai Tangos di Astor Piazzolla. Il concerto si è poi concluso con l’esecuzione della Suite Sinfonica op.35 «Shéhérazade» di Nikolaj Rimskij-Korsakov.
Il teatro ha registrato una straordinaria partecipazione di pubblico tanto che la Fondazione stessa ha tenuto a sottolineare il grande successo anche della replica di sabato 18, facendo registrare il più alto numero di spettatori (circa 1600) in due concerti. Un record di pubblico che non si contava da circa sessant’anni di attività artistica. Nelle parole del sovrintendente Giorgio Pace c’è tutta la soddisfazione del risultato raggiunto: «Il lavoro duro paga e voglio condividere questo importante traguardo con tutti i lavoratori che hanno creduto nel rilancio della Sinfonica».
Bisogna mettere da parte ogni pretesa filologica per apprezzare l’esecuzione del Concerto in re minore di Johann Sebastian Bach, composto intorno al 1736, ed eseguito in quest’occasione nella trascrizione per fisarmonica, Un’esecuzione come tante, che non ha mostrato nulla di particolare; affascinante più nell’immaginario e nelle attese che nella realtà. Ottima la tecnica esecutiva della Sidorova, ma ancora una volta emerge la difficoltà nell’accostare Bach a uno strumento moderno e diverso dall’originale; un accostamento che, se non profondamente personalizzato con cognizione di causa, rischia di rovinare l’intera composizione. Ecco quindi che, eccellente tecnica a parte, l’esecuzione è risultata del tutto anonima, priva del fascino della messa a fuoco di quel minuzioso cesello che è la tessitura solistica bachiana, e dove la bellezza della singola nota è stata offuscata dal flusso continuo della fisarmonica. Stentando a replicare la puntigliosa e secca sonorità del cembalo (per l’ovvia natura stessa dello strumento), l’esecuzione della Sidorova è stata a tratti sovrastata dall’intensità degli archi. Nulla a che vedere con l’originale, né tantomeno con l’interessante versione jazzistica arrangiata dal trombonista Callum Au (seppur azzardata ma certamente più originale e gradevole) che la stessa Sidorova ha suonato con la Latvian Radio Big Band nel dicembre 2016 al Riga Congress Centre.
L’atmosfera cambia nettamente con i Tangos di Piazzolla (Libertango, Oblivion, Adios Nonino) che investono di malinconia e sensualità tutta la sala. Nelle celebri parole di Piazzola c’è tutta la poetica delle sue composizioni: «La mia musica è triste perché il tango è triste. Ha radici tristi, drammatiche e a volte sensuali, conserva un po’ tutto, anche le radici religiose, ma non è mai pessimista». Esecuzione bella, caratterizzata da un sensuale dialogo tra la fisarmonica e l’orchestra, ricca di sfumature e d’intesa, merito anche di una direzione fluida e brillante del giovane direttore polacco.
Proprio Nesterowicz sembra invece cambiar passo nella seconda parte del concerto con la Suite Sinfonica op. 35 «Shéhérazade» di Nikolaj Rimskij-Korsakov. L’impronta brillante e personale dei Tangos lascia il posto a un’esecuzione in linea di massima coerente alla partitura ma con alcune dubbie scelte di tempo e di espressione come in alcuni assoli dei fiati e degli ottoni che nel secondo tempo della suite (La leggenda del Principe Kalendar) sporcano la fluidità del brano. Nonostante siano segnati ad libitum in partitura, questi assoli del fagotto (nell’Andantino capriccioso quasi recitando) e del trombone (che introduce il tema marziale della sezione Allegro molto) sembrano eccessivamente personalizzati, tali da rompere il senso logico della frase musicale. Nettamente meglio l’ultimo tempo, brillante ed energico come ci si aspetta, con nessuna sbavatura e con sonorità ricche come ci ha da sempre abituato la compagine orchestrale del Politeama. Benissimo le parti solistiche affidate al violino di spalla Massimo Barrale, eseguite in modo irreprensibile. Nel complesso una serata di grande musica accolta con calore dal numerosissimo pubblico in sala.