Salutata dal pubblico con lunghi applausi e ovazioni, la pianista georgiana Khatia Buniatishvili ha ricambiato tanto calore con baci e inchini dal palco del Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Dopo un’esecuzione vertiginosa del “Concerto per pianoforte e orchestra in la maggiore” di Franz Liszt, con l’altrettanto eccellente Orchestre Philharmonique du Luxembourg diretta da Gustavo Gimeno, un altro giovane pieno di doti.
Classe innata quella di Khatia, non solo pianistica. La trentenne ninfa della tastiera infatti, oltre ad una perizia esecutiva senza macchia, conquista le platee anche per la sua bellezza e la sua verve, mai ostentata, per un fascino musicale ed estetico che ha pervaso – l’abbiamo visto – l’uditorio rimasto abbagliato da tante qualità. Baci, inchini, più volte richiamata sul palco, Buniatishvili – una Marilyn Monroe dalla chioma nera capace di collezionare ammiratori anche per il suo modo anticonvenzionale di proporsi al pubblico e ai media, ha regalato a Udine – dopo la titanica impresa del concerto lisztiano – ben tre bis, tra cui lo splendente Minuetto in sol minore di Haendel e la trascrizione di Schafe können sicher weiden dalla Cantata BWV 208 di Bach.
La quiete dopo la tempesta viene da dire, superate senza indugi e con soluzione di continuità le sette articolate parti del monumento pianistico del genio ungherese, secondo un’intesa con l’orchestra e Gimeno (splendidi colori, dinamiche certosine, tempi azzeccati) che si è palesata nel lungo abbraccio tra la solista e il direttore al termine del capolavoro. Una tensione che si era accesa già ad inizio concerto con il poema sinfonico Don Juan di Richard Strauss, nei suoi due ampi movimenti in cui si palesa la figura del seduttore tra languide scene d’amore ed esplosioni di vita, in una mobilità armonica e tematica dove brillantezza di timbri, contrasti tra sezioni e interventi solistici, danno voce moderna alla vicenda esistenziale del libertino brocco in chiave superomistica.
La seconda parte di concerto ha voluto celebrare Debussy nel centenario della sua morte, ponendolo a confronto, o a contrasto, con il compositore dell’avvenire, Wagner, che il francese Prix de Rome dimostrò a più riprese di non amare, escluse le pulsioni giovanili ai tempi della sua scoperta. Infatti, se i tre schizzi sinfonici che compongono La mer sono stati l’occasione per testimoniare l’attrazione debussiana per le rappresentazioni naturalistiche, tra Albe a mezzogiorno sul mare, Giochi di nuvole e il Dialogo del vento e del mare, così titolò i brani della triade, quasi un Monet della musica per quadri musicali en plein-air, la sequenza che unisce Ouverture e Musica del Venusberg dal Tannhäuser del tedesco musico e poeta, ha voluto invece nella sua veemenza di simboli, fondere spiritualità e sensualità, con la carica titanica che lo pone “al di là” dei suoi coevi.
Sia nell’una che nell’altra opera, l’Orchestra sinfonica lussemburghese si è mossa nell’agio della direzione sicura di Gimeno, preciso nei movimenti e chiaramente espressivo, per una resa orchestrale compatta negli assiemi, illuminata nei brillanti exploit solistici e curatissima nelle complesse agogiche di queste somme composizioni.