Il Teatro Comunale di Bologna ha aperto la stagione 2018 con una Bohème che commuove e conquista il pubblico. L’attesissimo capolavoro pucciniano è stato accolto con calore da un teatro gremito che a più riprese ha omaggiato i cantanti ed il direttore, Michele Mariotti.
L’amore del pubblico cittadino per La Bohème affonda le sue radici nella prima bolognese, messa in scena il 4 novembre 1896, a meno di nove mesi dalla première torinese, sotto la bacchetta di Arturo Toscanini, in occasione della quale l’opera, in base a quanto riportato dal recensore della Gazzetta dell’Emilia, aveva sortito «un successo completo».
La scelta di un cast coeso, la direzione nitida e puntuale di Mariotti e la pertinente e vivace regia di Graham Vick hanno offerto una Bohème di grande pathos. Diversi i momenti intensamente applauditi: dall’entrata in scena di Benoît alla celeberrima scena della chiave, dalla gustosa scena di Musetta ed Alcindoro al Caffè Momus ai commoventi risvolti del terzo quadro, fino alla palpitante conclusione in una climax crescente che ha attraversato tutto il quarto quadro.
Ha particolarmente coinvolto il pubblico l’interpretazione di Mariangela Sicilia, che ha ricamato una Mimì sognante, a tratti eterea, ora timida, ora determinata e intensamente tragica, ma sempre plurisfaccettata ed animata da un fine malessere, da un languore inestinguibile. Molto apprezzabile il Rodolfo di Francesco Demuro, la cui voce, caratterizzata da una fine gestione del chiaroscuro, è risultata sempre omogenea alla tinta orchestrale. Convincente Hasmik Torosyan nel ruolo di una Musetta audace ed impertinente. Di grande precisione ed efficacia le parti di Marcello (Nicola Alaimo), Schaunard (Andrea Vincenzo Bonsignore) e Colline (Evgeny Stavinsky): insieme con Rodolfo, i tre bohèmiennes hanno creato una riuscitissima coreografia, accattivante, ma poetica, sottolineata dalle scelte registiche di Graham Vick, il quale ha posto l’accento sulla goliardia dei giovani e sul disincanto quotidiano della vita tra i tetti di Parigi.
Bologna ha celebrato anche il Puccini non operistico: in concomitanza con La Bohème a San Colombano, giovedì 25 gennaio, è stato proposto un grande concerto dedicato alle musiche sacre e cameristiche del compositore lucchese. In un affascinante viaggio tra le sbarazzine ed inedite pagine organistiche composte in giovinezza, tra le vaporose musiche per quartetto d’archi, i pezzi pianistici – scritti su commissione per le riviste o dedicati agli amici – e le romanze per voce e pianoforte, sono stati presentati alcuni brani sacri; tra di essi il suggestivo Requiem per coro a tre, organo e viola concertante realizzato per il quarto anniversario di morte di Verdi ed eseguito per la prima volta esattamente 113 anni orsono, il 27 gennaio 1905. Da tutte le composizioni giovanili Puccini ha tratto a piene mani nella composizione delle prime opere come Manon Lescaut, ma numerosi spunti contengono il germe anche di alcuni dei momenti più suggestivi della Bohème, come il suggestivo Piccolo valzer per pianoforte (1894) che prefigura l’aria «Quando me n’vo» di Musetta.
Un vasto omaggio a Giacomo Puccini che, iniziato con l’ultima opera della stagione 2017 del Comunale, Tosca, prelude ad un cartellone bolognese ricco di appassionanti proposte. Prossimo appuntamento con l’opera i Dialogues de Carmélites, dall’11 marzo al Comunale, mentre il 15 febbraio verrà proposto Petruška di Igor Stravinsky sotto la bacchetta di Fabrizio Ventura.
Immagine di copertina Ph. Rocco Casaluci