Pubblico entusiasta per il concerto delle sorelle Labèque al Manzoni di Bologna il 22 gennaio: il duo, famoso da anni in tutto il mondo per le straordinarie esecuzioni a due pianoforti, ha proposto insieme con i giovani percussionisti italiani Simone Rubini e Andrea Bindi la Sonata per due pianoforti e percussioni (1937) di Béla Bartók, il pezzo di repertorio più famoso per questo organico. Nella presentazione del concerto Katia Labèque ha definito la Sonata di Bartók un “capolavoro assoluto”, nonché il pezzo con cui esse hanno esordito a Parigi all’inizio della loro travolgente carriera.
Katia e Marielle sono da anni impegnate sulla linea di un marcato eclettismo spaziando dalla musica settecentesca a quella contemporanea, con un grande numero di pezzi loro dedicati dai più importanti compositori degli ultimi decenni, fino al mondo del jazz e della musica pop. Con entusiasmo hanno quindi annunciato, nella presentazione del concerto, di voler aprire la serata con la prima esecuzione italiana della suite El Chan per due pianoforti (2016) del compositore statunitense Bryce Dessner, che nella sua doppia carriera di compositore “colto” legato alla corrente postminimalista e chitarrista della rock band “The national”, è animato da uno stesso incredibile eclettismo sincretico.
A seguire le due pianiste hanno proposto cinque pezzi tratti da Mikrokosmos per due pianoforti e la trascrizione per due pianoforti di tre danze ungheresi di Johannes Brahms. Questa trascrizione (successiva e meno nota della versione per pianoforte a quattro mani, con cui questi celebri pezzi si sono affermati immediatamente dalla loro pubblicazione tra il 1852 ed il 1869), ha messo in luce il gioco di riflessi che si viene a creare tra parti melodiche e le estrose fioriture ed il tono intimamente “concertante” delle Danze brahmsiane. L’originale interpretazione del duo Labèque si è inoltre pregiata di un frizzante anticonformismo: le danze n. 1 e n. 5 sono state eseguite ad un tempo decisamente più concitato rispetto all’esecuzioni di tradizione, mentre la danza n. 20 è stata avvolta in un’atmosfera immobile e rarefatta, quasi debussiana.
Se la proverbiale abilità e nitidezza del tocco delle due pianiste rende superflua qualsiasi lode, di grande interesse è risultata la destrezza dei due percussionisti. Il pubblico ha particolarmente apprezzato l’energica, travolgente ed impeccabile esecuzione dei Thirteen drums di Maki Ishi (1936-2003) da parte del ventiquattrenne Simone Rubino, stella promettente del mondo delle percussioni, nonché vincitore di numerosi premi di rilievo.
Un auditorium gremito ha seguito con entusiasmo tutto il concerto. Se la suite di Dessner non ha colpito ed il compositore è rimasto spesso impigliato in una serie di semplici cliché che, seppur molto orecchiabili, sono risultati fin troppo scontati, la Sonata di Bartók ha riscosso notevole apprezzamento. Il grande affiatamento del quartetto, che ha regalato momenti intensi e timbricamente eccezionali, ha mostrato vinta la scommessa di accostare un duo storico e di altissimo livello come le sorelle Labèque a due giovanissime leve italiane.