Jessica Pratt: «l’opera è come il calcio, abbiamo pure gli ultras»

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Jessica Pratt, dal 12 al 23 agosto, è protagonista al Rossini Opera Festival di Pesaro nella produzione Demetrio e Polibio. In esclusiva per Amadeus ci offre una riflessione articolata sull’opera e il suo pubblico negli anni 2000!

Tutte le forme d’intrattenimento vivono oggi grandi cambiamenti dovuti a fenomeni planetari come la globalizzazione e i nuovi mezzi di comunicazione che hanno radicalmente trasformato società e persone. Qualunque discorso sul futuro dell’intrattenimento deve partire dall’analisi della società e dei suoi bisogni.

La curva dell’attenzione

Se, da una parte, oggi possiamo accedere dal telefono sempre e ovunque a qualunque contenuto, dall’altra la nostra curva dell’attenzione si è ridotta e frammentata. Quando siamo svegli tocchiamo in media il telefono 2600 volte al giorno: una volta ogni venti secondi. Siamo connessi a internet per sei ore e due di queste le passiamo sui social network. È facile dedurre che, con questa mole di accessi frammentari, il tempo medio che un utente dedica all’intrattenimento si comprime sempre di più.

Non è quindi un caso che forme d’intrattenimento più tradizionali e di lunghezza maggiore vedano di anno in anno ridursi i propri fruitori. Quanti di noi vanno ancora al cinema? E se state pensando che il cinema sia stato sostituito dalla televisione, vi sbagliate di grosso. Anche quella è stata da tempo divorata dai micro-contenuti delle piattaforme internet su cui passiamo buona parte della giornata.

Spettatori affamati

I canali televisivi sono pieni di serie tv vomitate senza sosta, senza alcuno spessore, solo per fornire il piatto del giorno a spettatori affamati. Tutti i personaggi pubblici “postano” di continuo sui social network piccole “pillole” di informazione di cui la società si ciba e di cui si dimentica il giorno dopo.
Questa incredibile offerta continua di micro-contenuti non può che avvenire a scapito della qualità di un prodotto che è sempre più economico se non addirittura gratuito. Se il prodotto è gratis, il prodotto sei tu… e in effetti siamo proprio noi il prodotto di questo nuovo mercato. Tutto si misura in followers. Più followers hai, più sei commercializzabile.

Anche gli aspetti più privati della persona, come la sfera sessuale, sono stati da tempo alterati dalla facilità d’accesso al mondo della pornografia per tutte le fasce d’età, sociali e culturali.
Insomma le parole “breve”, “nuovo”, “gratis” e “sexy” sono ormai la chiave di lettura dei nostri tempi e, non a caso, sono in assoluto le più usate dagli uffici marketing di tutto il mondo.

Jessica Pratt: vi presento l’opera

Ecco, in questo mondo che vi ho descritto, lasciate che vi presenti l’opera. Una forma d’intrattenimento vecchia di qualche secolo, che dura mediamente più di un paio d’ore, costa moltissimo, richiede dedizione, approfondimento, attenzione e riflessione, che normalmente mette in scena trame e storie che di nuovo hanno ben poco e che ha la stessa carica erotica di un ranocchio a bordo stagno. Benvenuti nel mio mondo. Mi chiamo Jessica Pratt e sono una cantante lirica.
Qualcuno dirà che siamo spacciati. Io dico tutt’altro…

L’opera è un genere teatrale e musicale, nato circa quattro secoli fa, che raccoglie molte fra le principali forme di espressione artistica e artigianale. Sartoria e moda per i costumi, architettura e ingegneria per le scenografie e gli effetti, pittura, design e scultura per le ambientazioni, musica per l’orchestra e poesia e letteratura per il libretto. Al centro di queste diverse manifestazioni c’è, unico elemento imprescindibile, il cantante che le presenta, vi interagisce, si fa accompagnare, le occupa e disvela. Il cantante al di sopra di tutto.

L’incantesimo collettivo

Quando sono sul palcoscenico e canto, le emozioni sgorgano vive, fuori dal mio controllo. Si incontrano, si scontrano, si mescolano con quelle del pubblico. È un processo magico, indescrivibile.
Arriva il momento dell’acuto… so benissimo che anche lo spettatore più stoico verrà tradito. lo eseguo… una vago eco risuona nell’aria. Una lacrima scende sul viso del signore in prima fila… piango con lui. Poi il delirio, i passaggi di virtuosismo, la follia, quei pianissimi sospirati che ho sempre paura si perdano nella sala e via di nuovo con la mezza voce e poi arriva lei… la pausa.

Quel silenzio che inonda il teatro. Più tangibile del frastuono. Un secondo, forse due. Sembra un’eternità. Il mio cuore si è fermato, non respiro e mi accorgo che – incredibile – anche le migliaia di persone davanti a me sono ferme… trattengono il respiro assieme a me. Il loro cuore si è fermato con il mio. Una magia. Un’ipnosi. Un incantesimo collettivo.

Provateci ora voi con un telefonino e fatemi sapere… e no, non siamo spacciati!

L’opera è come il calcio

Lasciatemi fare un parallelismo per il quale più di uno storcerà il naso. Il mondo dell’opera non assomiglia al calcio? Tutti insieme, emozionati a guardare una performance collettiva. Ci esaltiamo per i successi. Seguiamo in modo maniacale i nostri beniamini. Ci confrontiamo per ore con gli amici. Andiamo in trasferta. Parliamo male degli avversari. Riguardiamo in continuazione le stesse azioni e tratteniamo il respiro prima del rigore. Non è così? Io che ho fatto carriera fra i piccoli teatri di tradizione italiana vi posso assicurare che ci sono persino gli ultras e le frange violente. Le nostre però, con più classe, si limitano senza venire alle mani, a minacciare il prossimo di catapultarlo dal loggione.

Gli attaccanti? I cantanti…

Continuiamo a riproporre pochi capolavori in tutte le forme possibili. Siamo inondati da Traviata, Bohème, Turandot e Butterfly e tutte le volte pretendiamo di andare a vedere uno spettacolo diverso. Al povero regista viene chiesto l’impossibile… La storia non cambia: alla fine Violetta muore. Quello che veramente cambia è l’interprete. Ottobre del ’56, al Metropolitan di New York va in scena Norma… sarebbe stata la stessa cosa senza Maria Callas? Nel ’59, Lucia di Lammermoor alla Royal Opera House senza Joan Sutherland? E nel ’65 alla Scala la Bohème senza Pavarotti?

Non è che regia, costumi e scenografie non facciano la loro parte. L’opera è un gioco di squadra ma oggi lo stiamo giocando senza gli attaccanti: la prossima volta che vedete una locandina senza i nomi dei cantanti, chiedetevi cosa vi stanno proponendo, perché senza i cantanti non si può chiamare opera.

Torniamo a parlare di voci… torniamo all’Opera.

Immagine di copertina Ph. Benjamin Ealovega

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